Insomma, che vogliamo fare col governo Monti? Sento crescere come un’ola irresistibile nel centro-destra la tentazione di dissociarsi e attaccarlo, staccare la spina e perfino una punta di sadico compiacimento della sua insufficienza. Capisco. È stato un governo nominato dall’alto, made in Giorgio, voluto dalla finanza e benedetto dall’estero, o viceversa, segna la resa della democrazia allo spread, si presenta con la faccia feroce delle misure «impressionanti», è benvoluto dalla sinistreria, ha sostituito un governo che, comunque lo si giudicasse, veniva da libere e democratiche elezioni.
Per la stampa di centro-destra, poi, è più facile attaccare, dà più smalto, risponde a un’indole, magari rianima le tirature. Tutto comprensibile. Attaccare un governo dei poteri economici viene naturale anche a me.
Però vedo la situazione grave del mio Paese e non me la sento di remare contro il governo d’Italia. Lo dicevo già prima agli sciacalli incoscienti che in piena emergenza erano disposti a sfasciare l’Italia pur di sfasciare il suo premier. E lo dico anche oggi. Prima l’Italia. Non facciamo al governo Monti quel che rimproveravamo, e giustamente,all’opposizione irresponsabile di ieri. Andare al voto subito significa aggravare la situazione e probabilmente non avere un governo dopo.
Abbiamo poi bisogno di un periodo di
tregua per svelenire e rigenerare la politica, per chiudere un ciclo e aprirne un altro. E per compiere alcune riforme finora a ieri impossibili.Allora vi dico: restiamo sui Monti fino al 2013 e poi torniamo in città.
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