"Amore 14? Bello e sciocco come l’adolescenza di tutti"

Venerdì arriva nelle sale l’ultimo film dello scrittore-cineasta Federico Moccia che spiega: "È un invito a vivere quell’età senza perdersi nulla"

"Amore 14? Bello e sciocco come l’adolescenza di tutti"

Roma - Fanno più rumore i ragazzini cattivi, che spacciano o stuprano in branco. Però la maggioranza silenziosa dei non ancora adulti e non più bambini, capaci di desiderare alla morte il primo bacio, andare alle feste con la maglietta carina o a pranzo dai nonni esiste e ha un suo cantore: Federico Moccia, un romano del '63. Adesso questo figlio d’arte (suo padre è lo sceneggiatore Giuseppe Moccia, alias Pipolo del duo con Castellano), dopo aver scoperto il filone teen-ager, curandololo con film, libri, rubriche e vario marketing, dal 30 manda in sala la sua ultima fatica, Amore 14, tratto dall’omonimo romanzo (Feltrinelli). Si tratta d’un film lieve (ma pesante per Medusa: è costato 4 milioni e mezzo di euro), dove recitano sia esordienti assoluti (dalla dolce Veronica Olivier al simil-Scamarcio Giuseppe Maggio, qui i fidanzatini Caro e Massi) sia veterani come Pamela Villoresi (la mamma di Silvia) e Riccardo Garrone (un nonno che ammira la cantante Dolcenera). E stavolta, niente lieto fine: i doni della vita sono quasi sempre frutti amari ed è bene saperlo fin dall'adolescenza. Però, che tenerezza quando lui cerca di sfilare i jeans a lei, chiedendo «posso?». La storia è semplice: la quattordicenne Caro ha due amiche del cuore, Alis (Beatrice Flammini) e Clod (Flavia Roberto), con le quali condividere dubbi e passioni. Il resto è «tutto quello che i ragazzi non riescono a confessare neanche a se stessi». Con un bruciante tradimento in coda.

Federico Moccia, ci risiamo: che cosa risponde a chi l’accusa di banalizzare, sfruttandola, la sfera adolescente?
«A furia di guardare soltanto il lato brutto della vita ci perdiamo il lato romantico, che inevitabilmente scorre. Tutto quello che descrivo nel mio film, un canto leggero nel grande rumore della nostra vita, accade. Mando un invito a vivere l’adolescenza nel modo migliore, con i suoi lati futili e sciocchi».

... e mettendo i lucchetti a Ponte Milvio?
«C’è gente che odia i lucchetti. Ma ci sono pure i cinquantenni di Frosinone, che ho visto l’altro giorno, a giurarsi amore eterno a Ponte Milvio. È che una certa intellighenzia subito si turba. Come quando mi hanno frainteso, mentre rispondevo, alla radio, a una domanda di Signorini. Al quale ho detto: “Non sono il nuovo Muccino. Semmai, il nuovo Moccino”. Mica posso raccontare una generazione!».

Veniamo al film: quale immagine trasmette, dei quattordicenni o giù di lì?
«La stessa che ricordo io, della mia adolescenza: un momento delicatissimo. L’immagine che ho è l’apertura d’una finestra. Si tratta di scoperte personali. Il film è nato dalla richiesta, sul mio blog, di una ragazzina, che mi rimproverava di non aver mai raccontato le difficoltà d’una ragazza semplice, su sfondo semplice: a scuola, con le amiche, in famiglia. Ho raccolto la sfida. Amore 14 è un traghettatore, per dialogare di più».

Della sua adolescenza, quale momento ricorda con più intensità?
«Quando mi chiamavano alla lavagna. Non avevo paura dell'interrogazione. Ma di tutti quegli sguardi puntati addosso, quando dovevo attraversare la classe, tra le file di banchi, per raggiungere la cattedra».

Gran parte del film si svolge, appunto, tra i banchi di scuola. È una scelta precisa?
«Certo. Le scuole pubbliche sono il luogo d'incontro per eccellenza. Dove confluiscono le più diverse estrazioni sociali: nel mio film non esistono differenze sociali tra la figlia del benzinaio e le compagne più altolocate. Anche io quand’ero a scuola non facevo caso all’appartenenza sociale. Si era tutti amici, a prescindere dal censo. Una cosa che poi, con l’età adulta, non capita più».

È stato difficile scegliere i protagonisti, tra tante facce sconosciute?
«Il casting è stato molto complesso. Abbiamo cercato anche a Milano... Ho visionato parecchi dvd, dando una sola consegna: bisognava rispettare i personaggi del libro. Così Caro ha i colori chiari del romanzo. In Italia è difficile trovare una Ellen Page, per esempio. Lei, a ventidue anni ha girato Juno nel ruolo d’una quindicenne. Ma da noi,le brave attrici giovani scarseggiano».

Ha scelto Giuseppe Maggio, il fidanzatino traditore di Caro, perché somiglia a

Scamarcio?
«Giuseppe l’ho scelto perché durante i provini, le ragazze presenti se lo mangiavano con gli occhi, in silenzio. Lui è il classico tipo che, quand’ero adolescente, arrivava a una festa e io ero fottuto».

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