Amore, alcol e tanta malizia «Sex and the city» nel Settecento

D i scrittrici adolescenti non si sentiva certo la mancanza. E tuttavia: come si fa a dire di no a Jane Austen? È proprio lei che arriva oggi in libreria con un suo inedito, Jack&Alice. Ozi e vizi a Pammydiddle (Donzelli, pagg. 79, euro 14, traduzione di Bianca Lazzaro) e non le innumerevoli e ormai insopportabili imitazioni da «club letterario» né i sèguiti fantasy e horror concepiti negli ultimi anni negli Stati Uniti per eccitare le torme di twilighter.
Il volumetto, reso delizioso da una serie di illustrazioni di Andrea Joseph - contemporanea ma originaria dello stesso Derbyshire teatro delle inconfondibili trame di riscatto romantico femminile della Austen - sembra Alice nel Paese delle Meraviglie all’incontrario: lo specchio stavolta deforma i personaggi del mondo reale, carichi di tic, manie, debolezze, descritti con freschezza, arguzia e malizia à la Oscar Wilde e nemmeno una goccia di quella nuvolosità rivendicatoria e a tratti straziante propria del carattere delle protagoniste di Orgoglio e pregiudizio, Ragione e sentimento o Emma.
Forse perché a quindici anni, tanti ne aveva quando scrisse questo romanzo breve, Jane non era ancora la Austen solitaria e definitivamente provinciale che sarebbe divenuta negli anni. In breve, non era ancora zitella, ma fanciulla da marito, magari con il cuore colmo di speranza in una proposta. E perciò pronta a scherzare, senza amarezza alcuna, a tratti proprio come farebbe un maschio, sugli spasimi d’amore di Alice, così si chiama appunto la protagonista dell’inedito per l'Italia. Perché in Alice i singhiozzi d’amore si mescolano a quelli provocati dal vinello generoso con cui si conforta: Testa Frastornata e Cuore Trafitto dal Fascino ammaliante di un giovanotto di nome Charles Adams vengono amorevolmente curati dai fumi dell’alcol. E tutte sappiamo quanto sia importante ogni tanto sfumare, sfumare, sfumare.
E a chi di fronte a questa ennesima prova di luccicanza di stile e contenuti temesse o insinuasse, come fece tempo fa il Daily Telegraph, che in tanto ardimento ci fosse lo zampino di un maschio revisore che «indirizzava» i romanzi della Austen verso strade narrativamente meno deboli di quelle del sesso così apostrofato, consigliamo di dare una veloce occhiata al manoscritto di Jack&Alice riprodotto anastaticamente on line (janeausten.ac.uk): il romanzo comico appare recuperato nella sua integrale originalità, senza interventi di dubbia provenienza.
La giovane Alice somiglia in modo allarmante a un’eroina di alta chick-lit dei giorni nostri, diciamo addirittura post-Sex and the City, unita all’understatement come barricata al tragico che dovremo aspettare quasi due secoli prima di ritrovare in Muriel Spark: all’apparenza ingenua eppure consapevole dei limiti dell’umana natura, specialmente maschile. E perciò, sebbene innamorata, per nulla frustrata, ma piuttosto incline al gossip, spalleggiata da una complice Lady Williams che fa dell’essere stordita una matrice intellettuale che precorre la commedia novecentesca.

Ma ancor più allarmante è che questo personaggio scavalchi di lato, grazie all’ironia, l’intera produzione successiva della Austen: Jane conosceva i punti deboli della propria narrativa - inevitabilmente erede dei dilemmi morali e religiosi delle Pamele e Clarisse di Samuel Richardson - prima ancora di divenire la più amata e nota autrice dell’Ottocento inglese. E in queste poche pagine li ritrae per parodiarli e stoccarli. Con gran divertimento nostro ma, pare, più ancora suo.

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