Cultura e Spettacoli

Un «Amuleto» che brilla di rabbia e insolite profezie

N on è una storia del terrore né poliziesca né un noir, sebbene una ragazza uruguaiana, Auxilio Lacouture, voglia farcelo credere nelle prime righe del romanzo di Roberto Bolaño intitolato Amuleto (pagg. 142, euro 15) e appena pubblicato per Adelphi. Anzi, come da tradizione Adelphi, in realtà ripubblicato facendo finta di niente, perché il libro era già uscito per Mondadori nel 2001 e nessuno se n’era accorto (dopo Adelphi il diluvio e prima di Adelphi non c’è mai nulla, snobismo di un editore raffinato ma spesso anche filogicamente paraculo, come se ogni libro cominciasse a esistere solo appena adelphizzato).
Comunque sia, dopo 2666 e la raccolta Tra parentesi, onore al merito (e però prima a Sellerio, che lo ha scoperto in tempi non sospetti) e sempre ben vengano i libri adelphizzati, e dunque gioiamo per Bolaño e per Auxilio Lacouture (personaggio presente anche nel romanzo I detective selvaggi) che inizia il suo racconto in prima persona, da una reclusione impensabile, in un giorno del rivoluzionario 1968. «Io sono la madre dei poeti del Messico. Io sono l’unica a aver resistito dentro l’università nel 1968, quando entrarono i reparti antisommossa e l’esercito. Io sono rimasta da sola in facoltà, chiusa in una toilette, senza mangiare per più di dieci giorni, per più di quindici giorni, dal 18 al 30 settembre, non mi ricordo più».
È da questa toilette messicana, è in questo arco di tempo, che si snoda questo densissimo romanzo non allendiano, non del genere sudamericano piagnucoloso-kitsch, non solo quindi il golpe, la rivolta sociale, la repressione, i grandi avvenimenti, che restano sullo sfondo: al centro c’è sempre la rivolta irriducibile della letteratura. E ascoltando la voce di Auxilio dalla toilette dell’università è infatti impossibile non leggere la storia dello stesso autore e dell’«infrarealismo», quel movimento fondato da Bolaño proprio in Messico. Un movimento sì «postmoderno», al quale aderirono decine di artisti, scrittori, pittori, musicisti, e che tuttavia, a differenza di molte neoavanguardie chiassose e improduttive degli anni Sessanta come il nostro Gruppo 63, lasciò scrittori e romanzi e soprattutto il gigante Bolaño (tant’è che del Gruppo 63 e di tutte le chiacchiere postmoderniste italiane sono rimasti solo i libri di Arbasino, il Bolaño italiano, già adelphizzato e già snob di suo ben prima di Adelphi). Inoltre leggendo Amuleto viene da pensare a un altro meraviglioso scrittore cileno che sarebbe da adelphizzare subito, José Donoso, di indole più visionaria, anche lui fantastico ma non nel senso borghesiano e di sicuro non «chido», come ci ammonisce la fantastica Auxilio: «termine che nel gergo messicano significa fantastico e che non uso mai perché mi suona orribile. Chido, chido, chido. Orribile. Il gergo messicano a volte è sadomasochista».
Amuleto è un libro nel quale brulicano amori, dolori, passioni, fughe in avanti e all’indietro, storie spezzate e voci che parlano con voci, dove ogni capitolo si scompone e ricompone in aneddoti e perfino in profezie immaginifiche e bellissime (sappiate che nel 2100 Pier Paolo Pasolini diventerà il Santo Patrono della Fuga, nel 2167 Giorgio Bassani uscirà dalla tomba, nel 2124 James Joyce si reincarnerà in un bambino cinese, nel 2150 Majakovskij tornerà di moda, Proust sarà dimenticato nel 2033, Thomas Mann diventerà un farmacista ecuadoriano nel 2101, Virginia Woolf si reincarnerà in una narratrice argentina nel 2076, Vaschel Lindsay diventerà un poeta di massa nel 2101, Louis Ferdinand Céline entrerà in purgatorio nel 2094...).

Dove, infine, perfino la visione di un canto di «guerra e d'amore» di fantasmi bambini che marciano verso la morte, precipitando nell’abisso del tempo, risarcisce «imprese eroiche di un’intera generazione di giovani latinoamericani sacrificati» e può trasformarsi non in un canto funebre ma, addirittura, in un fantastico amuleto di Bolaño per l’umanità, fantastico ma non «chido», per carità.

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