Anastasia, novella Robin Hood «Le americane i miei modelli»

A soli 16 anni la ragazzina di Tarquinia ha compiuto un’impresa storica: due ori mondiali nel giro di quattro mesi. «Spero che il mio attrezzo arrivi alle Olimpiadi»

Sedicenni terribili. Dopo la ginnasta Vanessa Ferrari, a salire agli onori della cronaca è stata l’arciere laziale Anastasia Anastasio. L’impresa è di quelle storiche, seppure ottenuta a livello juniores: due ori mondiali nel giro di quattro mesi, in situazioni ambientali molto diverse. Il primo a ottobre a Merida, in Messico; il secondo nel fine settimana a Izmir, in Turchia. «Ciò che ho passato in questi quattro mesi è una sensazione indescrivibile: giro per il mondo facendo quello che mi piace di più, tirare con l’arco, e poi vinco anche medaglie importanti. Cosa posso chiedere di più?», dice la Anastasio di Tarquinia, zona della Tuscia, novella Robin Hood dall’età di sei anni. La sua specialità non è quella più conosciuta: l’arco compound, l’ultimo arrivato nella famiglia (è nato negli anni Sessanta in America) ma che si è sviluppato presto per la sua facilità d’uso e la sua precisione. I vari Galiazzo e Frangilli, tanto per fare i nomi più noti e vittoriosi fra gli arcieri di casa nostra, gareggiano con l’arco olimpico.
«Il sogno a cinque cerchi ce l’ho anch’io - dice candidamente Anastasia - spero che prima o poi anche il mio attrezzo riesca ad arrivare alle Olimpiadi». Magari nel 2012, quando Anastasia avrà ventidue anni e da quattro sarà già diventata una professionista, come prevede il regolamento. «Per me è già un traguardo importante, anche se quando siamo in trasferta, atleti più anziani e giovanissimi vivono a stretto contatto». La serie positiva era iniziata già a settembre del 2006, in Svezia. Allora per l’atleta dell’Arco Club Tarkna arrivò un bronzo tra mille difficoltà, prima fra tutte il mancato imbarco da parte della compagnia aerea del bagaglio contenente l’arco (fatto a misura dell’arciere e quindi difficilmente sostituibile). Poi l’escalation con il successo messicano: vittoria allo spareggio nei quarti, successi più facili (e con tanto di record italiano) nelle due sfide decisive, l’ultima con l’atleta di casa Martha Hernandez.
Venerdì il nuovo trionfo in Turchia. «Non mi aspettavo il bis, è stato tutto più difficile perchè dovevo dimostrare di essere meritevole del titolo mondiale e mia madre, a casa, non è riuscita a dormire la notte precedente la gara», racconta la Anastasio mentre segue il successo (terzo oro della spedizione azzurra) di Eugenia Salvi. Spareggio in semifinale con un’atleta Usa («le americane sono i miei modelli principali, batterne anche solo una giovane è stato un onore»), finale stravinta con la greca Ionnou. «Dedico questa vittoria alla mia società, ai miei compagni di squadra e soprattutto alla mia allenatrice». Ovvero Maria Stefania Montagnoni, che alla fine di aprile gareggerà con lei in un torneo internazionale in Sardegna.
«Nella mia specialità occorre avere sempre grande concentrazione, la testa lucida e bisogna mantenere salde le emozioni», sottolinea l’arciere di Tarquinia. Che tra i libri di scuola («frequento il terzo liceo scientifico, ho buoni voti ma i miei insegnanti non sono sempre così disponibili nei miei confronti...») passa almeno tre ore al giorno sul campo di tiro. «L’allenamento, che dipende dalla gara che prepari, è principalmente una competizione con un’altra persona, in genere la mia allenatrice Stefania, nella quale affinare colpi e precisione e contare l’impatto sulle frecce». Ha le idee chiare, la ragazzina.

Che ricorda ancora i primi campionati italiani («avevo solo undici anni») e alla quale non pesa la lontananza da casa. «Viaggio senza genitori per le gare da quando ne avevo 14 e mi piacerebbe girare ancora molto». Con il suo arco in spalle e con un sogno olimpico sempre vivo.

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