Anche gli «007» della Bielorussia cercano Maria

Anche gli «007» della Bielorussia cercano Maria

Monica Bottino

Li fermano per strada e stringono loro la mano. Oppure li criticano e minacciano azioni legali. Sono le due facce dei genovesi che seguono il caso della bambina bielorussa e dei loro «genitori del cuore» Chiara Dagnino Bornacin e Alessandro Giusto, le persone che la tengono nascosta in una località segreta per evitare che venga rimpatriata. «Sappiamo che la bambina è attivamente cercata dalle forze dell’ordine non solo italiane - dice Chiara - credo che a questo punto i bielorussi comincino a cercarla da soli con i proprio mezzi, visto che i tempi del ritrovamento, dal loro punto di vista, si allungano». La conferma, del resto, arriva dal comunicato dell’Ambasciata della Bielorussia in Italia dove si legge che la bambina è tenuta in Italia «attualmente tutte le competenti Autorità bielorusse si stanno impegnando al massimo allo scopo di scoprire l’attuale posizione della minorenne e le sue condizioni, nonché garantire il suo tempestivo rimpatrio».
I coniugi Giusto sperano comunque che la soluzione venga trovata per vie diplomatiche e legali.
«Lo ripetiamo, non vogliamo tenere la bambina con noi - dice Alessandro Giusto -, ma chiediamo che venga curata in una struttura italiana dove ci sono gli standard di cure adeguate per il suo problema e dove possa essere serena, senza la paura di dover rientrare nel suo paese a breve. Vogliamo che prima si ristabilisca». Intanto ieri la coppia ha incontrato il procuratore capo Francesco Lalla. Un lungo incontro, durato quesi due ore, nel quale la coppia di Cogoleto ha potuto raccontare la propria esperienza portando all’attenzione del magistrato la complessità della vicenda.
«Al più tardi lunedì firmeremo un reclamo preparato dai nostri legali, una sorta di appello al provvedimento del tribunale dei minori che ha stabilito, con due provvedimenti contrastanti a distanza di pochi giorni, prima di valutare bene la situazione poi di rimandare subito a casa la bambina - dice Chiara Bornacin -. Il documento è molto corposo e speriamo che i giudici che sono chiamati a valutarlo lo possano fare al più presto». Di fatto un parere della corte di Appello potrebbe fornire la soluzione legale alla questione che di ora in ora diventa più delicata. La via d’uscita sembra possibile soltanto per vie diplomatiche, anche in senso lato. Ieri, però, l’ambasciatore bielorusso ha dichiarato che visto che da otto giorni non si hanno più notizie della bambina pretende di avere la prova che sta bene e che è viva. «Potrebbe essere tenuta in una cantina», ha detto. Stiamo valutando la possibilità di dimostrargli che non solo la bambina sta bene, ma ha recuperato un po’ di serenità dato che non l’abbiamo rimandata a Vileika dove ha subito le violenze - dice la «mamma» -.

Comunque pensiamo che sia un modo per portarla allo scoperto. Noi vogliamo soltanto il suo bene e quindi non siamo contrari al suo rientro in patria, ma ciò deve avvenire quando sarà guarita nelle ferite che ha nell’anima oltre che nel corpo».

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