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Anche il Giornale protagonista sul palco della «Bai»

Sono sincera. Tutto mi sarei aspettata dalla «Bai», ma di beccarmi Massimiliano Lussana tra i protagonisti, beh, quello proprio no. Intendiamoci, non era certo una leggiadra etoile in tutù bianco, sorridente e dal petto villoso; né tantomeno impazzava tra le procaci ballerine di can can, scatenatissime, chiamiamole sensuali, armate di mutandoni a pizzi rossoneri e peli sulle gambe da competizione. E meno male! (Con tutto il rispetto, naturalmente). Però il suo nome è risuonato nella platea del Politeama Genovese, giovedì sera, durante la «prima» dello spettacolo goliardico più famoso di Zena, dal titolo, ovviamente allusivo, «Si fa... ma non si dice»; con tanto di rima baciata - e quando si parla di baci alla Baistrocchi bisogna stare all'occhio, per carità - e musica di sottofondo, tirato in ballo da nientepopodimeno che il signor Bonaventura. Lui, Lussana, «che frequenta Telegenova sovrana, sempre in moto come trottola, Rosso e Plinio lui si coccola», la «Franca» e chi più ne ha ne metta, di questi giornalisti tromboni, tutti nel pentolone bollente della pungente satira baistrocchina, che è arrivata alla bella età di novantanove anni e che non risparmia nessuno. Oddio, in verità con delle eccezioni: a qualcuno è andata assai di lusso, quest'anno, perché se a Claudio Burlando il bravissimo Edo Quistelli non perdona proprio nulla, e se la frecciata al «ribaltonista» Musso è arrivata ben bene, per la «sindachessa», invece, nessuno spietato accanimento, anzi salamelecchi e vezzeggiamenti, con tanto di mazzo di fiori - e quello ci sta, visto che alla Bai, travestimenti o meno, sono sempre dei signori - e coccole pubbliche. Sospiro (per lei) di sollievo. E applausi scroscianti dalla sala. Frizzi e lazzi, pazzi commenti, risate, volgarità, battibecchi tra palcoscenico e platea, come nella più genuina tradizione del caso, con gran dovizia di carta igienica «contundente». Serata brillante, non c'è dubbio, perché diciamolo, non è facile tirare avanti con uno spettacolo fatto di gag, barzellette, battutacce, senza mai far calare l'entusiasmo e il divertimento, non perdere il filo, ma anzi avvolgerlo con arguzia e abilità attorno a tutti i personaggi, quelli inventati e quelli imitati e trovare sempre e immancabilmente il bandolo di questa matassa esplosiva. Qui non si può che far tanto di cappello al regista storico della Bai, Piero Rossi, in pole position quanto ad apprezzamento del pubblico di sempre; e poi riconoscere la destrezza e il gran mestiere dei «cinque», in primis di Quistelli e Paolo Drago, poi di Carlo De Maria, di Francesco Pittaluga, di Andrea Benfante e l'affiatamento di tutto il corteo a seguire, comprese le seducenti Bluebruttes Girls, aggraziato corpo di ballo che nemmeno alla Scala.

Il tutto in musica (Marco Grasso) e in uno scenario ad hoc, effervescente, perfetto, in piena sintonia con lo spirito goliardico di questo gioco infinito, fatto di costumi sgargianti e sfondi da gran varietà: che è la firma inconfondibile di un maestro, Giacomo Rigalza, ex prima grande ballerina e colonna portante - due ruoli per cui ci vuole lo stesso fisic du role! - della Baistrocchi, ben dal 1971. Chapeau anche a lui. E allora non ci resta che aspettare il centenario.

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