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Anche l’Italia richiama il suo ambasciatore da Teheran

Ogni giorno che passa il clima tra Occidente e Iran peggiora. Gli Stati Uniti cominciano a preoccuparsi di un conflitto che potrebbe ormai scoppiare anche contro la loro volontà, tanti sono i protagonisti (Israele e Turchia in primo luogo) che ne possono provocare autonomamente l’inizio in dicerso modo. Gli europei, solidali con la Gran Bretagna dopo l’assalto alla sua ambasciata a Teheran, approvano sanzioni contro il regime e diversi Paesi dell’Unione, tra cui l’Italia, decidono di rendere concreta la loro protesta richiamando il proprio ambasciatore. Intanto in Germania, Paese dalle cui basi partirebbero gli aerei Nato diretti contro i siti nucleari iraniani, ci si preoccupa seriamente dell’eventualità terrorismo in casa propria.
Detto delle preoccupazioni dei generali americani, che considerano ormai realistica la preoccupante eventualità che Israele decida un attacco a sorpresa all’Iran senza prima informarli, c’è da registrare anche l’ipotesi della Casa Bianca di adottare sanzioni contro la stessa Banca centrale iraniana. Questo mentre l’Unione Europea indurisce le proprie sanzioni (estendendo il blocco dei beni e il rifiuto dei visti d’accesso a quasi duecento personalità considerate coinvolte nel sospetto programma militare atomico di Teheran) e minaccia di adottare ulteriori misure sul fronte della finanza e su quello strategico del petrolio: in questo senso sono Francia e Germania a fare pressione, incontrando però perplessità e resistenza presso diversi Paesi membri. La Ue importa complessivamente il 5,8% del suo petrolio dall’Iran: i Paesi più esposti sono l’Italia (verso cui va un terzo di quel totale), seguita da Spagna, Belgio e Grecia. Il petrolio iraniano rappresenta in particolare il 14,6% delle importazioni spagnole, il 14% di quelle greche e il 13,1% di quelle italiane.
Tra le misure adottate dai Paesi europei in questi giorni di alta tensione con l’Iran, c’è quella fortemente simbolica del richiamo del proprio ambasciatore da Teheran. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha reso noto che anche l’Italia ha preso questa decisione: l’ambasciatore Alberto Bradanini tornerà a Roma per approfondire la valutazione sulla situazione in Iran dopo l’assalto di martedì scorso all’ambasciata britannica. Terzi ha precisato che la mossa è stata decisa «in stretto contatto con i partner europei», lanciando così «un messaggio chiaro e condiviso». La nostra rappresentanza diplomatica a Teheran ha inoltre chiesto ai cittadini italiani che si trovano in Iran di «alzare il livello di attenzione, evitando di avvicinarsi a moschee, processioni religiose» e altri assembramenti.
Crescono intanto in Germania la consapevolezza e la preoccupazione per i rischi che il Paese si assumerebbe nel caso di un attacco all’Iran supportato dalla Nato in «stile libico». La Procura federale tedesca ha infatti aperto un’inchiesta sull’eventualità di attentati contro le basi militari americane in Germania, che sarebbero certamente coinvolte in operazioni aeree dirette contro i siti nucleari iraniani. L’ipotesi su cui lavora la magistratura è quella di sabotaggi ai rifornimenti e alla logistica di un’eventuale attacco aereo.

Sebbene il responsabile della Polizia crimianle, Joerg Ziercke, abbia dichiarato che non sussisterebbe «alcun pericolo immediato», gli articoli scritti da giornali a larga diffusione come la Bild stanno suscitando timori tra i tedeschi.

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