nostro inviato a Milanello
Cosa pensiate debba fare un allenatore che si ritrova, sulla scia di Inter e Roma, a inseguire un improbabile secondo posto, se nel frattempo il suo gruppo squadra risulta decimato da una striscia inquietante di infortuni, ko a tradimento (Abbiati) e squalifiche (Pirlo e Ronaldinho)? Di solito si sarebbe comportato così: presentandosi in sala stampa con le mani alzate e, in privato, pregando per tutto il giorno. Leonardo invece appartiene alla nuova schiatta degli allenatori che provano a far giocare bene la loro squadra, che non si occupano degli arbitri né segnalano laltrui pagliuzza ignorando la propria trave nellocchio, e non si lamentano mai se dallazionista invece di ricevere sostegno (per il mercato), riscuotono qualche cessione eccellente (Kakà) con laggiunta della notifica di qualche dissenso in materia di scelte tecniche. «Abbiamo vissuto momenti più difficili, abbiamo risolto infortuni cronici: la squadra reagirà» è latto di fede di Leonardo pugnalato alla schiena dallultima defezione, Abbiati fuori combattimento per una tendinite conseguenza diretta delloperazione al ginocchio, al suo posto inevitabile il ritorno di Dida in porta con le conseguenze che si possono immaginare.
Così invece di discutere della pandemia rossonera, ecco spuntare la doppia spinosa questione, legata alle parole del presidente Silvio Berlusconi e alle voci ricorrenti sul suo futuro avvistato sulla panchina del Brasile nellattesa del mondiale di Rio, fra quattro anni. Anche qui, come prima, più di prima, Leonardo è netto e categorico che più netto e categorico non si può. Ascoltatelo, per favore: «Col presidente ho parlato una settimana fa e poi ho letto dieci interpretazioni diverse di una stessa intervista. Il mio rapporto felice con Berlusconi è il seguente: più diretto di così non si può. I pareri su come si poteva giocare e vincere sono tanti, noi abbiamo discusso molte volte e io sono uno che dice quello che pensa e che ascolta anche gli altri». Scenario trasparente, dunque: non è il rapporto con Berlusconi il problema, la spina semmai potrà diventare lofferta proveniente dalla nazionale verde-oro, su cui Leonardo aggiunge, e bisogna credergli sulla parola, «io non ho niente, non nascondo niente, non posso rispondere a una domanda virtuale. Quello che succederà lanno prossimo non mi preoccupa, sono concentrato sulle 8 partite che restano».
Può darsi che ci sia la voglia di non impegnarsi, può darsi perché in effetti la tentazione Brasile è diabolica ma predominante, da parte di Leonardo e di tutto il Milan reale, è la voglia «di difendere quel che abbiamo fatto finora». E fin qui il Milan ha fatto di tutto e forse anche di più. È riuscito a inabissarsi con quella partenza fasulla, è riuscito a risollevarsi, a pedinare da vicino, a un punto solo, lInter, addirittura tornando, dopo il pari col Napoli e la sconfitta di Parma nelloblio della critica. Leonardo ha un modo tutto suo per sintetizzare le contraddittorie stagioni del torneo. Sentitelo: «Siamo stati fuori moda e tornati di moda ma ora la cosa bella è essere lì, dietro Inter e Roma a goderci questo finale». Altra espressione plastica dei cambiamenti clamorosi fatti dal Milan è il rapporto con il gol. Pensiamo al 2010: nelle prime settimane è riuscito a collezionare 12 gol in appena 3 partite (5 al Genoa, 3 alla Juve, 4 al Siena), nelle ultime è passato al minimo storico, 2 gol in 5 partite addirittura. Come si spiega? Leonardo ha una sua teoria, eccola: «Molti di quei gol li abbiamo ottenuti su palle inattive, i rigori col Genoa, su calcio dangolo contro la Juve. Eppure non è stato questo lunico buco nero».
Come si può facilmente notare neanche un accenno alla lunga lista degli assenti nel frattempo collezionata e che per stasera, contro la Lazio, prevede il ricorso a un altro schieramento, primo Ancelotti, con due punte centrali (Borriello-Inzaghi, Huntelaar a rischio anche panchina) più Seedorf trequartista, alle loro spalle un centrocampo di cemento, con Gattuso, Flamini e Ambrosini, mentre in panchina devono arrivare i rinforzi dalla primavera, Strasser (centrocampista) e Verdi e Zigoni (attaccanti), oltre ai superstiti.
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