Anche il prete sfila per il sindaco ds accusato di mafia

A Campobello di Licata fiaccolata a favore di Gueli, arrestato con due figli per concorso esterno

Gaetano Ravanà

da Agrigento

Ha suscitato una vasta eco la «Fiaccolata per la pace e la verità» che si è tenuta a Campobello di Licata, nell'Agrigentino, a favore del sindaco diessino Calogero Gueli, arrestato nei giorni scorsi assieme al figlio Vladimiro e ad altre sette persone con l'accusa a vario titolo di associazione mafiosa. Alla fine della fiaccolata organizzata dal Comitato liberi cittadini, l'arciprete Calogero Montana a sorpresa ha espresso solidarietà al sindaco arrestato. «La manifestazione silenziosa - ha detto il prelato - è stata organizzata per essere solidali con il primo cittadino e con i suoi familiari, non volendo dimenticare gli altri arrestati. Sì, le altre persone ci interessano pure, ma noi vogliamo fare riferimento soltanto al sindaco. L'arresto è una ferita grave per la sua vita, i suoi familiari, la comunità campobellese. Siamo stati impressionati tutti da questo colpo inferto alla famiglia - ha aggiunto l'arciprete - ma non vogliamo farci giudici. L'indagine in corso non è dichiarazione di colpevolezza, badate bene. Non commettiamo l'errore di fare dichiarazioni di colpevolezza. Il nostro compito è la misericordia».
Già alla prima seduta del Consiglio comunale dopo l'arresto di Gueli, il presidente della stessa assemblea, il diessino Giovanni Corallo, aveva aperto i lavori esprimendo la sua solidarietà al primo cittadino. E i Ds, subito dopo l'intervento dell'arciprete, hanno rincarato la dose. Il segretario locale, Calogero Terranova, ha tenuto a precisare che «la fiaccolata è stata una manifestazione di solidarietà al sindaco, siamo tranquilli che il primo cittadino non abbia commesso nessun abuso. Gueli è conosciuto da tutti per la sua correttezza». Non sono dello stesso parere però i magistrati della Dda di Palermo. L'accusa contestata all'esponente ds dai pm Fernando Asaro, Costantino Derobbio e Corrado Fasanelli è di concorso esterno in associazione mafiosa.
Per gli inquirenti, infatti, Calogero Gueli avrebbe operato «contribuendo al mantenimento e al rafforzamento dell'organizzazione criminale Cosa nostra», nel territorio di Campobello di Licata e Canicattì. Il sindaco avrebbe assicurato l'aggiudicazione o la gestione di appalti pubblici di opere e servizi e il rilascio da parte del Comune di concessioni edilizie e assegnazioni di aree a imprese considerate vicine o comunque riconducibili ai boss. Ad esempio l'«Anaconda costruzioni srl», che secondo l’accusa è amministrata di fatto da Calogero Gueli e dai suoi due figli Vladimiro Salvatore e Fidel Leonzio. In cambio, sempre secondo i Pm, i boss avrebbero garantito al sindaco «protezione e opportunità di lavoro per le ditte a lui riconducibili, nonché un sostegno elettorale nelle elezioni comunali del 1997 e del 2002». Il legale dell'esponente diessino, l'avvocato Lillo Fiorello, minimizza e afferma che si tratta di accuse «prive di peso specifico».

Intanto il prefetto di Agrigento, Pezzuto ha sospeso Gueli, che era già stato condannato in passato per abusivismo edilizio e rinviato a giudizio per voto di scambio, dall'incarico di sindaco; inoltre sarebbe stato già avviato l'iter per lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose.

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