di Gian Marco Chiocci
e Patricia Tagliaferri
Sostiene che la sua società, la SdB srl, è pulita e che lui non ha mai speso il nome di Massimo D’Alema per procacciare affari ai suoi clienti. Ammette che sì, è indagato, ma giura che lui non ha mai lavorato con le tangenti. E a proposito dei due finanziamenti da 15mila euro alla Fondazione Italianieuropei di D’Alema precisa che «il presidente non sapeva nemmeno chi fossero quelli che davano i contributi». Non ci sta a passare per il nuovo Greganti, il braccio destro (e sinistro)dell’ex premier pidiessino. In un’intervista al Corriere della
Sera , Vincenzo Morichini, da sempre ombra dell’attuale numero uno del Copasir, evita però di parlare degli appalti di quegli enti nei cui Cda siedono membri della fondazione dalemiana. «Mi morissero tutti e tre i figli se questa non è la verità».Anche D’Alema fa sentire la sua voce: «Sono accuse ridicole e fantasiose, stupidaggini che non stanno né in cielo né in terra e che solo una certa informazione di serie B ha raccattato e rilanciato». Una fondazione culturale non è un partito e percepisce finanziamenti dai privati».
Per Morichini l’inchiesta della Procura di Roma su un giro di presunte false fatturazioni che, secondo i pm Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, potrebbero nascondere tangenti, fa parte di un disegno più grande in cui il vero obiettivo non è lui ma l’amico di sempre e di barca a vela. A dimostrazione di ciò cita l’immancabile «macchina del fango» che ha riportato, alla lettera, gli interrogatori dell’imprenditore «socio» Pio Piccini e l’ultimo rapporto della Guardia di finanza dove si dà conto dei contribuiti alla «sua» Sdb (versamenti per fatture inesistenti, secondo gli investigatori) e le gare vinte dalle società in affari con lui. Ammette un solo errore: quello di aver accettato contributi per la crescita della Fondazione anche dagli imprenditori a cui la sua società curava le relazioni. Un dettaglio di non poco conto. Piccini, interrogato dai magistrati il 15 settembre del 2010, ha parlato di veri e propri contratti stipulati con le aziende che prevedevano un fisso mensile e una percentuale del 5 per cento sugli eventuali appalti vinti grazie all’intermediazione di Morichini. Percentuale da spartire con la Fondazione e con il Pd, ha fatto mettere a verbale il manager. E di appalti nel mirino del nucleo Valutario della Finanza ce ne sono parecchi. Moltissimi e a più zeri con la Provincia di Roma di Nicola Zingaretti ( Pd) vinti dalla Cler Coop Lavoratori Elettrici Romani. Per gli investigatori la Cler ha bonificato alla SdB importi per 20mila euro a saldo di fatture ritenute inesistenti. E la società ha messo le mani nel 2008 e nel 2009 addirittura su dodici appalti con la Provincia. «Stupidaggini», per Morichini. Lui, del resto, sostiene di non potersi «neppure avvicinare » a Palazzo Valentini, al cui vertice c’è per l’appunto Nicola Zingaretti «che era bettiniano e veltroniano, mica dalemiano come me». Lette le prime indiscrezioni, lo stesso Zingaretti s’è precipitato a stilare un comunicato nel quale annuncia con forza «d’aver già richiesto di avviare tutti i controlli necessari e le verifiche del caso sugli appalti che la Cler Coop avrebbe ottenuto dall’amministrazione provinciale in questi anni». Coincidenza: negli ultimi anni, precisamente dal febbraio del 2008, al vertice del Provincia c’era proprio lui.E proprio dal 2008, altra coincidenza, per la Guardia di finanza comincia l’accaparramento ininterrotto di appalti da parte della Cler Coop. Coincidenza delle coincidenze, il nome dell’uomo che tifava Veltroni, che vuole vederci chiaro sugli appalti della «sua» Provincia e che per Morichini era «inavvicinabile », risulta a tutti gli effetti un membro del «comitato di indirizzo» della Fondazione di D’Alema. Anche se l’entourage di Zingaretti fa risalire l’entrata del presidente in Fondazione «a pochi mesi fa» e a dispetto di quanto riportato nel rapporto della Gdf nega «che dal 2008 la Provincia abbia stipulato appalti con la Cler Coop». Zingaretti non è il solo ad avere un piede nella Fondazione e l’altro in amministrazioni o enti interessati, sempre a detta della Finanza, a fare affari col «giro» di Morichini. C’è anche Francesco Nerli, componente del comitato promotore di Italiani Europei e presidente dell’autorità portuale di Napoli quando questa affidò alla società Electron Italia (cliente di Morichini) un appalto da quasi 8 milioni di euro.
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