da Milano
La convocazione in nazionale fa bene al morale, ma soprattutto allo stipendio. E lo dimostra unequazione matematica: «Una chiamata tra gli azzurri, anche in amichevole, pesa sullo stipendio del calciatore più del numero di stagioni in serie A - raccontano Giacomo Silvestri, docente della Bocconi di Milano, e il collega Fabrizio Montanari delluniversità di Modena e Reggio Emilia, gli autori della ricerca -. Giocare in nazionale significa entrare nellélite del calcio, un fatto che i club riconoscono. E pagano».
Quanto, varia da caso a caso. «Non è possibile dare cifre, lequazione regge nel suo insieme» dicono i due economisti che hanno analizzato gli stipendi di 397 giocatori di serie A. Tra loro ci sono anche i 22 azzurri che giocheranno il mondiale di Germania. «Abbiamo visto come cambiavano gli stipendi nelle stagioni 2001/02 e 2002/03 - spiegano -. Sono state considerate sei variabili: a incidere di più sono i punti fatti dalla squadra del giocatore lanno prima, poi arriva il suo rendimento». Per calcolarlo si sono serviti di un apposito indice calcolato per gli atleti con almeno mille minuti giocati nella stagione. Si arriva così alla chiamata in nazionale, terza variabile per incidenza, più importante dellesperienza maturata in serie A. «È la vera novità dello studio, se vogliamo fare un paragone, è come un master in America per un manager». Non si può dire lo stesso del cambio di casacca, la quinta variabile. «Per un manager passare da una società allaltra è unoccasione per strappare uno stipendio più alto. Non è così per i calciatori. E non incide nemmeno letà, ultimo elemento considerato».
Lattaccamento alla maglia paga, specie se è quella azzurra. «Diciamo spesso che i campioni snobbano la nazionale per gli impegni nei club - concludono Silvestri e Montanari -.
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