Nel mondo dei motori vige la regola del decathlon: non è tanto la prestazione assoluta di un pilota a emozionare, quanto la sua capacità di vincere in diverse competizioni. Solo che nelle corse il decathlon non esiste, per cui i piloti devono crearsi da soli la multi-disciplina.
Naturalmente, restano incredibili ed emozionanti primati come quello dei cinque titoli mondiali di F1 conquistati da Juan Manuel Fangio o i sette campionati (cinque di fila) di Michael Schumacher. Però, gli uomini che vivono e corrono a trecento allora, se solo possono, cercano di dimostrare di essere i migliori anche altrove. È il caso della voglia matta di Valentino Rossi di passare alle auto, è il caso di certi grandi del passato che hanno fatto di tutto per scrivere il proprio nome nelle classiche della velocità. Per esempio Jim Clark, campione del mondo F1 nel 63 e nel 65, che corse per cinque volte Indy 500, trionfando una volta, sempre nel 65. È il caso di Graham Hill, il gentleman inglese, due volte campione del mondo nel 62 e 68, ma anche trionfatore a Indy 66 e a Le Mans nel 1972. Non è il caso, almeno così sembra al momento e a giudicare da alcune dichiarazioni di totale disinteresse in merito, di kaiser Schumi. Il fuoriclasse tedesco pare più interessato a giocare con le moto.
Proprio Graham Hill, scomparso in un incidente aereo nel 1975 - padre di Damon, campione del mondo F1 nel 1996 - è luomo che Jacques Villeneuve cerca di eguagliare e, magari, superare. Nel caso gli riuscisse limpresa, il canadese potrebbe infatti vantare anche la conquista del titolo americano: per lui sarebbe dunque poker.
Poker inseguito e sfuggito per una vita a Mario Andretti.
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