«Avevamo ragione noi», affermano gli europarlamentari azzurri Antonio Tajani e Alfredo Antoniozzi. Contro la delibera di giunta capitolina numero 683 del dicembre 2005, quella del maxiappalto per la Grande viabilità, i due un anno fa presentarono uninterrogazione al Parlamento europeo. «Dalla lettura dei criteri daggiudicazione - denunciavano Tajani e Antoniozzi - emerge unassoluta illegittima prevalenza di elementi propri dei servizi, mentre i servizi rappresentano invece un mero elemento complementare». «Loperazione, oltre che illegittima, procurerà un grave danno alla piccola e media imprenditoria romana», spiegava in conferenza stampa Tajani: «Il subappalto sarà inevitabilmente un nodo scorsoio a detrimento dei lavori». La delibera, per di più, era blindata, accusavano gli azzurri. Impossibile modificarla in consiglio comunale. Le prime risultanze dellistruttoria in corso a Strasburgo sembravano dare inizialmente ragione a Forza Italia: «Oggetto del contratto in parola sono sia lavori che servizi - si leggeva nella risposta della Commissione europea il 15 maggio 2006 - e la retribuzione del contraente consiste nel pagamento di un prezzo da parte dellamministrazione aggiudicatrice. Questultimo elemento sembra indicare che si tratti in effetti di un appalto pubblico e non di una concessione ai sensi del diritto comunitario». Ma su questa anomalia Strasburgo ha lasciato cadere il discorso. Ora, su questioni solo apparentemente diverse, la bocciatura dellAutorità. Per il Comune una brutta caduta dimmagine. «Avevamo ragione noi - ha affermato ieri Tajani - mentre lassessore DAlessandro si ostinava a presentare quel progetto con toni trionfalistici. Ora il bluff si è svelato. Della vicenda il responsabile politico ed economico è solo il Comune di Roma. Altro che buon governo di Veltroni. La maggioranza capitolina ha mostrato ancora di perseguire solo una politica di immagine a detrimento della sana amministrazione della città».
Parole amare anche dal consigliere comunale di Fi Pasquale De Luca, autore un anno fa di un esposto sulla vicenda al Prefetto di Roma e al Tar del Lazio: «Alla fine ci rimetteranno i romani, destinati a muoversi in una città groviera chissà per quanto ancora».
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