La crisi ha messo in ginocchio i colossi dellauto giapponesi. E per Nissan ritornano gli incubi degli anni 90 quando, sullorlo del baratro, era stata presa per i capelli da Renault. A salvarla era stato Carlos Ghosn, inviato dallallora presidente del gruppo francese Louis Schweitzer al suo capezzale. Lo stesso Ghosn che, proprio al salvataggio a tempo di record di Nissan deve la fama di risanatore, proprio ieri ha annunciato il primo rosso dalla svolta (2,2 miliardi di euro) e 20mila tagli. Uno choc per la casa di Tokio già sottoposta, nella precedente crisi, a un piano che «Carlos the knife» aveva definito «lacrime e sangue». Ora, a fronte del rosso operativo di 180 miliardi di yen previsto e di ricavi in calo a 8.300 miliardi, il super manager è costretto a rivedere i livelli occupazionali del gruppo, rinunciando entro il 31 marzo 2010 all8,5% dei dipendenti. Gli occupati passeranno così da 235mila a 215mila, attraverso il blocco del turn over, esodi incentivati e pensionamenti. I tagli principali riguarderanno il Giappone, gli Usa (qui Nissan ha chiesto al governo un prestito per lo sviluppo di vetture «verdi») e lEuropa. Sospeso a tempo indeterminato anche il progetto che prevedeva la realizzazione di una fabbrica in Marocco in accordo con Renault. Resta da vedere come Ghosn, che recentemente aveva riaffidato la gestione di Nissan a un giapponese, Toshiyuki Shiga, mentre a occuparsi del rilancio del marchio in Europa è Colin Dodge, riuscirà a far digerire la nuova terapia durto al governo giapponese. Rispetto agli anni 90 la situazione è infatti diversa e le autorità di Tokio devono fare i conti con una crisi che morde leconomia del Paese: crescono le bancarotte delle imprese, mentre il congelamento del mercato dei capitali costringe le aziende a rivolgersi alle banche per avere prestiti. La crisi dilagante, del resto, non ha risparmiato la principale rivale di Nissan, cioè Toyota, e neppure le altre case automobilistiche, come Honda, Mitsubishi, Subaru e Mazda, che hanno messo in conto una chiusura di anno fiscale pesante. Toyota, in particolare, persa la tripla A anche da parte di Standard & Poors, prevede per la fine di marzo perdite molto più elevate di quanto indicato in precedenza: circa 3,9 miliardi di euro, sul risultato operativo, mentre la perdita netta ammonterà a 2,9 miliardi. È dal 1950 che il gruppo di Nagoya non chiude un bilancio con il risultato netto in rosso, mentre una perdita operativa, dato che esclude tasse e altre poste finanziarie, non si è mai vista nei suoi 70 anni di storia. Alla Toyota è dunque durata poco leuforia di aver appena archiviato lo storico sorpasso su General Motors, diventando ufficialmente nel 2008 il maggiore produttore mondiale di auto. Da questa crisi, comunque, non si salva nessuno: lo tsunami dellauto investe ora anche lIndia dove, a gennaio, le vendite di auto nuove sono scese del 7,4%. In Europa, invece, il calo delle vendite dinizio anno è stimato intorno al 25%.
Va meglio in Brasile, Paese chiave per molti gruppi tra cui Fiat. La produzione di veicoli in Brasile a gennaio è cresciuta per la prima volta in sei mesi.
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