Luciana Baldrighi
Un monumentale edificio per giochi dacqua con tanto di arredi scultorei e ricche collezioni darte, grotte artificiali decorate con conchiglie e pietre dure, nonchè sale interamente concepite a mosaico, si inaugurava nel 1589 a pochi chilometri da Milano. La villa era stata pensata per il borgo di Lainate e ad aprire i suoi portali un gioco pirotecnico voluto da Pirro I Visconti Borromeo (1560-1606).
Nel bel volume illustrato «Milano profana nelletà dei Borromeo» a cura di Alessandro Morandotti (Electa, 300 pagine, 55 euro) si rievocano le vicende di quel cantiere, un «antro» per le meraviglie, grazie al quale vengono sfatati molti luoghi comuni sulla Milano della Controriforma: una città non solo di santi, arcivescovi e ferventi devoti, ma animata anche dalla presenza di letterati e maestri versatili in molti ambiti della produzione artistica, giardinieri, ingegneri, idraulici, scienziati, possessori di lenti e cannocchiali... insomma, due facce della stessa medaglia per troppo tempo visibile solo da un lato.
Il volume - presentato martedì alle 18 nella sala Maria Teresa della Biblioteca Braidense, via Brera 28 - non vuole essere solo una monografia relativa a un singolare monumento conservato ancora intatto almeno fino ai primi decenni del Novecento, ma vuole porre lattenzione sulla vivacità culturale di un epoca e sulla capacità di maestri devoti allartigianato e alle sue maestranze.
Milano come immagine venne purtroppo tragicamente oscurata a partire dagli anni degli arcivescovi di casa Borromeo. La prova è che una cantiere di importanza strategica come quello di Lainate, espressione più intensa del tardo manierismo lombardo, è stato a lungo sottovalutato e dimenticato. «È sfuggito persino alle maglie strette di Eugenio Battisti nel suo «Antirinascimento» - osserva Morandotti, un libro del 1962 dove si recuperavano studi sul manierismo europeo ridando dignità a quel fenomeno bizzarro delle «grotte artificiali» e a un cento modo di disegnare giardini come quello dei «mostri» di Bomarzo vicino a Viterbo.
La villa di Lainate si inserisce nellalbum di eterna memoria della famiglia dei Borromeo come splendori appartenuti ai Litta, Weill-Weiss o Toselli. Nel 1970 ledificio passa al Comune di Lainate, un suntuoso ninfeo ricco di mosaici e ciottoli colorati, stalattiti, stalagmiti, conchiglie e pietre dure, vasche e nicchie con statue. Un tesoro sempre più da valorizzare e da mostrare. I restauri compiuti a singhiozzo a partire dagli anni Ottanta ci raccontano la storia di un monumento ricco di storia e darte lombarda accresciuto sotto la cura amorosa di diversi mecenati e artisti a partire dalla fine del Cinquecento. E va ricordato che tra le famiglie che ne entrarono in possesso oltre ai Visconti Borromeo, i Visconti Borromeo di Arese dal 1674 e, per discendenza dal 1750 i Litta di Arese. La cronaca dei fasti di Lainate era pressochè quotidiana e durò per tre interi secoli. Persino Pietro Verri fu interessato a registrare quanto avveniva tra Milano e Lainate.
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