Appello del Pontefice all’Italia: impegno per un clima d’intesa

RomaHa il volto disteso e sorridente. Non cita mai quanto è accaduto in San Pietro, né la mattina di Natale, quando si affaccia per l’Urbi et orbi, né ieri mattina, per l’Angelus di Santo Stefano. Perché al centro dell’attenzione non ci deve essere la caduta che ha subito, ma l’unico «protagonista» deve essere lui, l’inerme Bambino venuto al mondo per redimere l’umanità, e il suo messaggio di amore e di pace. Un messaggio che Ratzinger declina in modo particolare per la nazione italiana, augurando «quel clima di intesa» che contribuisce al bene comune.
La mattina di Natale, affacciandosi dalla loggia centrale di San Pietro, prima di fare gli auguri in 65 lingue diverse, Benedetto XVI ha ricordato la «semplicità» e il «nascondimento» con cui Dio opera, come nel caso di quella nascita a Betlemme, di quella luce che si è diffusa «a cerchi concentrici, quasi per contatto, nei cuori e nelle menti di quanti, aprendosi liberamente al suo splendore, diventano a loro volta sorgenti di luce».
La Chiesa, ha ricordato il Pontefice, vive là dove Gesù è nato, in Terra Santa, per invitare i suoi abitanti ad abbandonare ogni logica di violenza e di vendetta e ad impegnarsi nel cammino verso una convivenza pacifica». È presente negli altri paesi del Medio Oriente, come nella «tribolata» situazione dell’Irak, dove un «piccolo gregge» di cristiani soffre «violenze e ingiustizie» ma vuole contribuire all’edificazione della convivenza pacifica. Ratzinger ricorda la Chiesa in Sri Lanka, nella penisola coreana e nelle Filippine, definendola «lievito di riconciliazione e di pace». Cita la Chiesa che in Africa «non cessa di alzare la voce verso Dio per implorare la fine di ogni sopruso» in Congo; che «invita i cittadini della Guinea e del Niger al rispetto dei diritti di ogni persona ed al dialogo»; che a quelli del Madagascar «chiede di superare le divisioni interne». In Europa e in America del nord, la Chiesa «sprona a superare la mentalità egoista e tecnicista, a promuovere il bene comune ed a rispettare le persone più deboli, a cominciare da quelle non ancora nate». In Honduras «aiuta a riprendere il cammino istituzionale», mentre in tutta l’America Latina essa è «fattore identitario, pienezza di verità e di carità che nessuna ideologia può sostituire, appello al rispetto dei diritti inalienabili di ogni persona ed al suo sviluppo integrale». La Chiesa, ha detto ancora il Papa, è solidale con quanti sono «colpiti dalle calamità naturali e dalla povertà, anche nelle società opulente». E «davanti all’esodo di quanti migrano dalla loro terra e sono spinti lontano dalla fame, dall’intolleranza o dal degrado ambientale, la Chiesa è una presenza che chiama all’accoglienza».
Ieri, festa del primo martire cristiano, Benedetto XVI ha ricordato «i tanti credenti, che in varie parti del mondo, sono sottoposti a prove e sofferenze a causa della loro fede».
Parole speciali, sia a Natale che a Santo Stefano sono state dedicate dal Pontefice all’Italia e al suo bisogno di ritrovare concordia. Il 25 dicembre Ratzinger ha auspicato che la nascita di Gesù «rechi in ciascuno nuova speranza e susciti generoso impegno per la concorde costruzione di una società più giusta e solidale». Mentre ieri ha augurato che la sosta davanti al presepio «possa suscitare in tutti un rinnovato impegno di amore vicendevole e di reciproca comprensione, affinchè all’interno delle famiglie e dell’intera nazione si viva quel clima di intesa e di comunione che tanto giova al bene comune».
Tanti, tantissimi i messaggi di vicinanza e solidarietà che sono giunti al Pontefice in queste ore.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha telefonato a Ratzinger e l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Antonio Zanardi Landi, ha fatto visita al cardinale Etchegaray al Policlinico Gemelli, portandogli il saluto e la vicinanza del Quirinale e del governo italiano.

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