Roma

Appia, sfiorata la strage per una fuga di gas

Un boato nella notte, poi il rumore dei calcinacci che venivano giù. E il terrore sui volti degli inquilini di un palazzo in via Venosa, al Quarto Miglio, esploso nel cuore della notte a causa di una saturazione di gas all’interno di un appartamento al terzo piano. Ci viveva un uomo di 63 anni, l’unico ferito di questa scampata tragedia. È rimasto gravemente ustionato, sul circa il 70 per cento del corpo, e trasferito al Sant’Eugenio dopo che i medici dell’ospedale San Giovanni lo avevano intubato e avevano effettuato un primo trattamento delle ustioni.
I tecnici dei vigili del fuoco hanno effettuato i rilievi necessari per valutare la dinamica dell’esplosione, che ha completamente sventrato le mura dell’appartamento, a ridosso di un balcone. Tra le ipotesi al vaglio degli investigatori c’è anche quella di un tentativo di suicidio compiuto dall’uomo che abitava nella casa. Certo è che l’esplosione avrebbe potuto avere conseguenze ben più drammatiche se le mura perimetrali dell’appartamento non avessero ceduto così da far disperdere la violenza dello scoppio all’esterno e non all’interno della palazzina, una struttura a tre piani più mansarda.
In preda al panico una ventina di residenti sono scesi in strada, tutti fortunatamente illesi. Sul posto sono intervenute cinque squadre dei vigili del fuoco che, all’interno dell’edificio, hanno trovato due stufe catalitiche e cinque bombole Gpl. L’eplosione è avvenuto intorno alle tre. Alcuni inquilini hanno pensato a un terremoto, altri a un boato proveniente dall’esterno del palazzo. «Stavo dormendo quando ho sentito, oltre al botto fortissimo, il rumore dei calcinacci - racconta Antonella, una donna che abita nella palazzina di via Venosa - ci siamo trovati tutti fuori senza sapere quello che era successo». «Erano circa le 2,40 quando abbiamo sentito un boato, ci siamo affacciati alla finestra - dice Maurizio, che vive nell’appartamento sottostante quello crollato - e abbiamo visto le ringhiere che pendevano dall’ultimo piano e bagliori di fuoco. Quando ci siamo resi conto di quello che era successo siamo subito scappati». Gli inquilini raccontano che Alessandro, l’uomo rimasto ferito, era l’unico della palazzina a riscaldarsi ancora con le bombole del gas. «Prima avevamo un impianto centralizzato - dicono - poi ognuno ne ha fatto uno autonomo. Solo lui ha preferito riscaldarsi con le bombole».
Nella palazzina, al piano sottostante l’appartamento esploso, viveva anche una centenaria, inferma, che dopo lo scoppio è stata trasportata in strada sulla sua sedia a rotelle. «Non si è spaventata più di tanto - racconta il figlio Maurizio, che abita con lei - ci chiedeva insistentemente cosa fosse successo, ma era interessata più a portare con sè il suo orologio e la sua catenina». A spaventarsi fino a svenire è stata invece un’abitante dello stabile di fronte. «Quando c’è stato il botto - rivela - siamo usciti tutti per lo spavento. Nessuno si è sentito male, solo io, quando eravamo ormai per strada, sono svenuta. Stavano per portarmi via con l’autoambulanza ma poi ho resistito».


Le famiglie sgomberate hanno passato la notte in strada poi, dopo la messa in sicurezza della palazzina, sono potute rientrare nei loro appartamenti già alle sette del mattino.

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