Pomigliano (Napoli)Nel «cuore» della ritrovata Fiat di Pomigliano dArco, in passerella nel reparto «montaggio», cè' la nuova Panda numero uno prodotta dai 600 (per ora) operai riassunti nella prima «Fabbrica Italia» del gruppo. Quando curva davanti al palco dellanfiteatro, allestito al centro della linea produttiva per celebrare levento, gli operai si producono in un prolungato applauso allultima arrivata in casa Fiat. Su cofano, sportelli, tetto e paraurti ci sono le firme, con pennarello bianco, delle tute bianche della svolta. A queste si aggiungono subito quelle di Sergio Marchionne e di John Elkann, primo membro della famiglia Agnelli a varcare i cancelli di Pomigliano dArco. «La Panda è come la 500, la Moka e la Vespa - spiega subito il responsabile capo del marchio Fiat Automobiles, Olivier François -: è lItalia che piace al mondo».
Anche il listino della vettura rappresenta qualcosa di nuovo: parte da 10.200 euro e include la proposta «Panda 100 per 100», vale a dire, 100 euro al mese per 100 mesi. Il modello, nato dalla matita di Giorgetto Giugiaro nel 1980, è giunto alla terza generazione, disegnata dal Centro stile Fiat: in Campania se ne produrranno 1.050 esemplari al giorno, 230mila dal prossimo anno.
«Tornare qui dopo tanto tempo sembra un sogno che si realizza - commentano alcuni operai -; siamo consapevoli di essere di fronte a una grande responsabilità. Essere tornati qui, quando sembrava che Fiat volesse escludere Pomigliano, deve rappresentare uno sprone per tutti». «Ci vogliamo togliere di dosso letichetta di lavativi e sfaticati. Il mondo e' cambiato e noi dobbiamo chiudere con il passato», aggiunge Luciana, 38 anni, marito disoccupato e 2 figli ancora piccoli.
Nel reparto «metrologico», dove si eseguono le prove di accoppiamento alla scocca dei particolari, cè chi se la prende con il presidio di Fiom e Cobas fuori dai cancelli. «A certa gente - commentano le tute bianche - il lavoro non interessa, vogliono solo ma fare politica e proseliti nellazienda. Fa nulla poi che migliaia di famiglie rischiano di restare senza uno stipendio...».
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