Aprì il gas per tentare la strage, condanna a 5 anni

Temendo lo sfratto, l’anziano aveva cercato di far saltare il palazzo

Enrico Lagattolla

Porte e finestre sigillate, il tubo del gas tagliato, due pentole piene di alcol date alle fiamme. Un gesto folle per far saltare la propria abitazione da cui credeva di dover essere sfrattato. Un episodio che, solo grazie al tempestivo intervento dei vigili del fuoco, non ha avuto conseguenze drammatiche. E, per quella vicenda, un 76enne è stato condannato ieri a 5 anni di reclusione con rito abbreviato per tentato omicidio plurimo e crollo di edifici.
Tutto sarebbe nato da una lettera spedita dall’Aler all’anziano. Una missiva in cui si chiedeva se l’affittuario avesse intenzione di acquistare l’appartamento. Parole forse fraintese dall’uomo, che ha temuto di trovarsi di fronte a un’ingiunzione di sfratto. Arrivando a meditare una strage.
Via dei Cinquecento, il 3 gennaio scorso. La «vendetta» si sta per consumare. Il 76enne apre il rubinetto del gas, poi ne tronca il tubo e lo attacca con dello scotch al frigorifero della cucina. Ancora, riempie due pentole con dell’alcol e le lascia in camera da letto, dove dà fuoco a della carta. Infine, «sigilla» l’appartamento poggiando degli stracci sotto le finestre e la porta di casa. L’uomo esce dall’appartamento. In breve, l’ambiente è saturo.
Una strage sfiorata. Perché gli inquilini dello stabile sentono l’odore di gas, sempre più forte. Intuiscono che si possa trattare di qualcosa di più di una semplice perdita, e allertano i vigili del fuoco. Il cui intervento evita il peggio. Perché, secondo la perizia disposta dalla Procura, l’esplosione avrebbe distrutto l’intero immobile, causando la morte di quanti - in quel momento - si fossero trovati all’interno dell’edificio. L’anziano, infine, viene rintracciato dai carabinieri il giorno dopo in un albergo in zona piazza Cinque Giornate e arrestato.
Durante il procedimento, il pm Stefano Civardi aveva disposto una prima perizia sull’anziano, secondo cui l’uomo era socialmente pericoloso e incapace di intendere e di volere al momento del fatto. Una seconda perizia psichiatrica disposta dal gip, però, aveva stabilito che l’imputato non è pericoloso e solo parzialmente incapace di intendere e di volere.

Dunque, dal carcere era stato trasferito in un manicomio giudiziario. Successivi accertamenti sanitari avevano stabilito che l’anziano è affetto da una grave malattia, e per questo era stato rimesso in libertà. E per questo non sconterà in carcere la condanna.

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