Arca e il tabù Lussemburgo

Il progetto di valicare i confini nazionali per approdare in Lussemburgo è stato più volte accarezzato dall’amministratore delegato Attilio Piero Ferrari ma altrettante è stato rimesso nel cassetto: è un capitolo della storia di Arca Sgr che con oltre 35 miliardi di euro in gestione rappresenta la quinta realtà dell’universo dei fondi comuni italiani. Il quadro tracciato a fine marzo da Assogestioni lascia pochi dubbi sul peso che stanno assumendo in Italia i prodotti «esterovestiti» ma la ritrosia di Arca di avviare una Sicav lussemburghese poggia sulla stessa configurazione del libro soci. Dove «coabitano» numerose banche popolari che, per la gran parte, o hanno deciso di muovere anche in proprio nel risparmio gestito magari con accordi internazionali o sono andate in Lussemburgo in autonomia. Pluralità di interessi non sempre facile da fare convergere anche se, a leggere l’invito rivolto dal governatore di Bankitalia Mario Draghi affinchè l’industria dei fondi separi produzione e distribuzione, qualcosa sembra destinata a mutare.

E il mondo cooperativo, cambiato di aspetto da aggregazioni che hanno creato gruppi di rilevanza nazionale, dovrà decidere il futuro di Arca. Per la quale si prospetta un bivio: diventare un polo aggregante o correre il rischio di essere «assorbita» da chi è più grande.

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