«Archivi, teatro e corsi d’arte così rilancio il Museo del ’900»

Museo del Novecento anno terzo. In attesa che prima o poi si compia il doveroso recupero della seconda loggia dell’Arengario che darebbe degno respiro al «Guggenheim milanese», la direttrice Marina Pugliese s’industria per far vivere un luogo che meriterebbe di essere conosciuto ma soprattutto vissuto sulla scia delle migliori esperienze europee. Fermo restando il nucleo della collezione d’arte italiana, «ancora visitata da ventimila persone al mese», sorgono iniziative per attirare pubblico fresco, soprattutto tra i giovani. L’ultima, inaugurata ieri, mette a disposizione del pubblico il collegamento elettronico all’archivio «Docva» che contiene la memoria storica dell’arte contemporanea del nostro territorio. Un’opera, questa, raccolta nel corso di 20 anni dalle associazioni culturali Care Of e Viafarini e che contiene 25.000 volumi, 6.000 video dagli anni ’90 ai giorni nostri, e 16.000 immagini di opere di 3.600 artisti.
L’archivio d’arte contemporanea, a cui verrà dedicata a settembre una mostra, è interessante in quanto racconta e storicizza l’evolversi di uno scenario certamente magmatico ma che ha generato il meglio (e in qualche caso il peggio) di ciò che è sotto i nostri occhi in questi anni. «C’è di tutto - dice la Pugliese - da progetti e bozzetti di artisti che sarebbero diventati grandi star come Maurizio Cattelan o Vanessa Beecroft, a quelli di giovani promettenti che oggi hanno cambiato mestiere».
C’è ovviamente molta Lombardia in quelle storie consultabili dal pc del museo, e non è poco visto che la nostra regione ha prodotto negli ultimi 20 anni i nomi più interessanti dell’arte d’oggi, come Alberto Garutti, Stefano Arienti, Mario Airò, Gabriele Di Matteo, Chiara Dynys, Liliana Moro, Salvatore Falci, Cesare Pietroiusti, Studio Azzurro e tanti altri. «L’obbiettivo - spiega la Pugliese - è di far vivere il museo come luogo di cultura a prescindere dalla collezione del ’900». In questo senso si inserisce anche la lunga e non ancora ultimata archiviazione della biblioteca Gian Ferrari donata all’Arengario e che consta di migliaia di libri sul ’900; a cui si aggiungono la duplicazione degli archivi delle ex Civiche Raccolte del Castello a disposizione del pubblico, l’archivio Piatti sul Futurismo e il nucleo di lettere di Tommaso Marinetti.
Ma chi ha interesse a consultare gli archivi? «Certamente gli studiosi ma anche gli universitari che, per ora solo su appuntamento, hanno libero accesso a un patrimonio unico». Un patrimonio per il momento poco frequentato, e anche per questo un’area del quarto piano del museo è dedicata a periodiche esposizioni dell’immenso materiale cartaceo, tra disegni, libri e fotografie: una chicca è l’ultima mostra sui rapporti tra «Dada - Futurismo - dalle collezioni milanesi» a cura di Italo Rota e Vicente Todolì. La prossima, tra pochi giorni, sarà dedicata al disegno della scrittura nei libri di Gastone Novelli.
Ovviamente non basta, e allora si intensificano iniziative di svariato genere allo scopo di rendere l’Arengario un luogo familiare ai milanesi. Dopo la musica, da questo mese il museo si aprirà al teatro ospitando la domenica mattina nella Sala Fontana le preview degli spettacoli delle maggiori sale cittadine. Proseguono intanto i corsi di yoga il martedì a cui si aggiungono i corsi di storia dell’arte in inglese nelle pause pranzo.
È da poco partito anche un ciclo di appuntamenti aperto al pubblico intitolato «Cinque parole per un decennio»: ogni mese, un personaggio affronterà un tema legato al ’900 e il 22 marzo toccherà alla saggista e psicologa Nicole Ianigro. Continua, ovviamente anche il programma espositivo che si svolge negli spazi del pianterreno.

Il 29 marzo si inaugureranno tre nuove mostre, una delle quali a cura della direttrice Pugliese, dal titolo «Tecnica mista», dedicata a materiali e procedimenti nell’arte del Ventesimo secolo.
giandomenico.dimarzio@ilgiornale.it

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