ARCIMBOLDI La danza sulle note di blues e gospel

Un weekend di fisicità e ritmo con l’Alvin Ailey American Dance Theater

Ferruccio Gattuso

I primi passi di danza sfioreranno il palcoscenico del Teatro Arcimboldi, per questa nuova stagione 2006-2007, sulle note magiche del blues e del gospel.
Quelle note che, scorrendo, raccontano di storia (molta) e geografia: la prima nasce dalla corposa, multiforme e felicemente anarchica tradizione afroamericana; la seconda dal lungo viaggio che portò il popolo nero, in schiavitù, dall'Africa all'America, e poi per tutta l'America.
Non deve quindi stupire poi molto l'approdo della grande musica nera, interpretata attraverso il corpo danzante, nella cornice del prestigioso teatro milanese, per lo spettacolo dell'Alvin Ailey American Dance Theater, il 7 e 8 ottobre (rispettivamente ore 21 e ore 16, ingresso 18 e 40 euro, esclusa prevendita).
Una due giorni di fisicità e ritmo - quella che vede protagonista la storica compagnia americana fondata nel 1958 e oggi diretta da Judith Jamison - che segue un programma variegato e fortemente tentatore per gli appassionati: non saranno pochi, di conseguenza, coloro che potrebbero inseguire entrambe le serate.
Ad occupare la scena ci sono infatti i grandi capolavori firmati da Ailey, da Revelations, la coreografia-simbolo della compagnia, a Night Creature, numero creato sulle musiche immortali di Duke Ellington, passando per lo scattante funky-pop di Stevie Wonder (nel pezzo Love Stories). E con un autorevole ingresso classico europeo (decisamente "bianco": ma chissà che la Alvin Ailey American Dance Theater non riesca, con la sua interpretazione, a farci cambiare idea) nel Solo che, l'8 ottobre, avrà come compositore di riferimento Joahnn Sebastian Bach.
Un programma, quello in scena all'Arcimboldi, che rispetta in pieno il semplice ed efficace slogan propugnato da Alvin Ailey: «La danza è per tutti». Le coreografie studiate da Ailey si alterneranno a quelle di Judith Jamison, Robert Battle, Rennie Harris, Karole Armitage, Hans van Manen, Ronald K. Brown.
La storia di Alvin Ailey è di quelle che affascinano: nato nel 1931, nella dura terra texana, Ailey è nato in una povera famiglia dove la madre si barcamenava tra la raccolta del cotone e i lavori domestici.

In casa, come spesso accadeva per la gente di colore, la musica era un'importante panacea alle sofferenze: gli spirituals, il blues, il jazz varcavano la soglia, sposandosi a una naturale predisposizione alla danza. Le radici afroamericane, per Ailey, divennero presto la grande storia da raccontare. Attraverso la danza. «Io promuovo la danza per onorare il passato, celebrare il presente e guardare al futuro», amava.

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