Eleonora Barbieri
«Arlino» significa «Accogliere, ricercare, leggere insieme nuovi orizzonti»: al centro dell'impegno di questa onlus di Bergamo, infatti, c'è l'obiettivo di migliorare la qualità della vita dei bambini e degli adolescenti con gravi problemi visivi. Un fine che si può leggere nel modo più «ufficiale» di interpretare la sigla, come «Associazione di ricerca a livello infantile e adolescenziale di natura oculare».
«Arlino - spiega la dottoressa Flavia Fabiani, membro del consiglio direttivo della onlus - è il nipotino di Arlecchino: più disagiato ma dalla veste coloratissima, perché quello che noi desideriamo per la vita di questi bambini è proprio come un arcobaleno». La dottoressa Fabiani, insieme al professor Stefano Zenoni, primario del reparto di Oculistica degli Ospedali Riuniti di Bergamo è una delle «artefici» dell'associazione (informazioni allo 035266415), nata nell'aprile del 2005 e presieduta dall'avvocato Mario Caffi: «L'incontro quotidiano con il mondo della disabilità visiva infantile - racconta la dottoressa, specializzata in riabilitazione visiva e oftalmologia pediatrica - ci coinvolge in prima persona, ci stimola a lavorare al meglio e anche a cercare di spaziare nei contesti quotidiani della vita del bambino, anche al di là del mondo ospedaliero».
Il lavoro della onlus, infatti, nasce in stretto contatto con l'impegno del Centro di ipovisione e riabilitazione visiva dell'ospedale bergamasco che, attualmente, si occupa di mille pazienti, di cui 800 adulti e anziani e duecento bambini (e adolescenti fino ai 18 anni). Il Centro, nato nel 2001 per impulso del professor Zenoni, si prende cura di persone con disabilità visive così gravi da impedire la normale attività quotidiana e una esistenza autonoma. Una situazione che coinvolge adulti e anziani (questi ultimi affetti soprattutto da degenerazione della macula) ma, anche, bimbi con patologie oculari (spesso genetiche o dovute alla nascita prematura) che ne limitano l'agire pratico e lo sviluppo autonomo.
È proprio per loro che è nata «Arlino». «Questi bambini hanno una percezione scorretta della realtà: noi dobbiamo avvicinarci a loro con umiltà e aiutarli a scoprire il mondo, e amarlo». Il primo lavoro è in ospedale: «Cerchiamo di ricostruire la loro percezione della realtà, sfruttando altri canali sensoriali, per compensare il deficit visivo». Per alcuni ragazzini, esso si inserisce all'interno di una situazione di plurihandicap: sono i casi più complessi, come la «Cvi», una forma di compromissione centrale, anche cerebrale, che causa gravissimi deficit. «Noi ci occupiamo dell'aspetto oculistico e, nella struttura, siamo in grado di affrontare la problematica sia dal punto di vista clinico-chirurgico sia riabilitativo, con l'ausilio di software e attrezzature specializzate. Ma c'è bisogno anche di un sostegno dal punto di vista psicologico, che non sempre l'ospedale può dare, nonostante il nostro progetto sia sempre calibrato sul singolo paziente, a 360 gradi».
L'obiettivo dell'associazione è quello di estendere le risposte ai problemi di questi bambini e delle loro famiglie penetrando il territorio del quotidiano, della casa, della scuola e, anche, del lavoro, attraverso iniziative specifiche. Il primo progetto si rivolge ai genitori dei bambini in cura, per dar loro assistenza psicologica e creare un «gruppo autogestito», in grado di operare non soltanto in ospedale ma anche al di fuori di esso.
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