Armeni, la retromarcia di Hillary Scontro Casa Bianca-Congresso

La batosta è stata forte. All’inizio in crisi c’erano i rapporti diplomatici tra Turchia e Stati Uniti. Oggi, dopo le parole di Hillary Clinton, si prospetta un vero e proprio scontro tra il Congresso e la Casa Bianca. Il problema è nato quando Ankara si è irritata all’indomani dell’approvazione, da parte della Commissione Esteri del Congresso americano, di una risoluzione in cui si definiscono un «genocidio» i massacri di armeni avvenuti ai tempi dell’impero ottomano. Genocidio che Ankara ha sempre negato sostenendo che, al massimo, i morti armeni in quel periodo sono stati tra i 300mila e i 500mila e, comunque, causati non da uno sterminio premeditato ma da una guerra civile che ha fatto migliaia di vittime anche turche. La diplomazia turca indignata ha chiesto che l’amministrazione americana «si impegnasse di più» per far sì che la mozione, se e quando arriverà al Congresso per l’esame in assemblea plenaria, sia respinta. E sono arrivate forti e chiare le riflessioni del premier turco Recep Tayyip Erdogan: «La presa di posizione dell’organismo parlamentare americano rischia di danneggiare le relazioni turco-americane oltre che il processo di normalizzazione tra Turchia e Armenia». Ieri, poche ore dopo, Hillary Clinton ha tentato la disperata retromarcia ed è corsa ai ripari: «Il testo approvato in Commissione si fermerà là dove è e non sarà mai sottoposto al voto dell’assemblea plenaria della Camera». Un tentativo di ricucire lo strappo con i turchi che ora rischia, però, di creare uno squarcio interno al Paese. La situazione appare sempre più complicata. Il testo della Commissione Affari Esteri della Camera mercoledì era stato messo ai voti nonostante la richiesta della stessa Clinton di evitarlo. La Commissione lo aveva quindi approvato a strettissima maggioranza, 23 voti favorevoli e 21 contrari. Il risultato aveva provocato l’immediata reazione della Turchia, culminata nel rientro in patria dell’ambasciatore turco a Washington, come forma di protesta ufficiale. Per Ankara, infatti, la parola «genocidio» non esiste. Eccolo l’inizio della crisi proseguita con la reazione ulteriore del ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu: «A Washington è stata processata una vicenda storica».
La discesa in campo di Hillary dovrebbe servire a attenuare l’irritazione della Turchia, ma come detto, rischia di minare i rapporti interni tra la Casa Bianca e il Congresso.

La questione è molto delicata, perché in questi giorni il presidente Obama sta cercando una mediazione con i parlamentari per ottenere il via libera alla riforma sanitaria. Che lo scontro sull’Armenia ora rischia di far naufragare.

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