da Milano
«Il successo del processo di consolidamento dipende dallapplicazione di standard e mentalità internazionali. Se si riuscisse a superare il modello di aggregazione vecchio stile e ipercomplicato non mancherebbero le soluzioni». Così Matteo Arpe, amministratore delegato di Capitalia, è nuovamente intervenuto sul «risiko bancario». Il commento di Arpe è riportato dal Financial Times di ieri in una lunga analisi dedicata alle aggregazioni nel nostro Paese, dove vengono tra laltro messi in risalto, tra i possibili ostacoli, i complicati legami tra gli azionisti dei maggiori gruppi bancari e in particolare gli effetti sugli equilibri in Mediobanca e in Generali (la prima è il primo azionista della seconda) di una possibile fusione tra Banca Intesa e Capitalia (entrambe azioniste di Generali, ma Capitalia lo è anche di Mediobanca). Secondo il quotidiano britannico, poi, la mossa di Arpe di rilevare il 2% di Banca Intesa è stata fatta per prevenire offerte non sollecitate da parte di Intesa stessa che sottostimavano la capacità di reazione di Capitalia, mentre il presidente Cesare Geronzi era interdetto per decisione dei giudici che indagano sul crac Parmalat.
Il quotidiano finanziario riferisce infine che i più attenti osservatori ritengono che né Arpe né lamministratore delegato di Intesa, Corrado Passera, permetterebbero al loro personalismo di ostacolare unoperazione che abbia una valenza industriale.
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