Arrestato anarchico milanese: nello zaino bombe fatte in casa

Nel corso della campagna 2008 si era dato da fare, incendiando gazebo di destra e sinistra e per questo era stato arrestato e poi condannato a 11 mesi con la condizionale. Questa volta l’anarchico Mattia, pur arrivato un po’ fuori tempo massimo, le votazioni sono finite un mese fa, è riuscito a farsi scoprire con un paio di rudimentali ordigni incendiari. E farsi arrestare insieme a un compagno torinese. Da scoprire ora i loro bersagli anche se, considerata la loro ideologia, l’elenco è pressoché infinito.
Mattia Petit, studente, 26 anni, è noto da tempo alla Digos milanese come un anarco-ambientalista-animalista vicino al gruppo «Senza Gabbie». Sempre pronto a buttarsi a capofitto nelle battaglie politiche lo troviamo nel marzo 2007 intento ad aprire una sottoscrizione per i «compagni» pisani arrestati nell’ambito dell’inchiesta contro le «Cellule di Offensiva Rivoluzionaria». Nove anarchici accusati di attacchi incendiari a veicoli di fascisti, sindacati, agenzie di lavoro interinale e una caserma dei carabinieri in costruzione.
Già l’anno dopo dimostra di aver messo a punto le migliori tecniche incendiarie. La notte tra il 27 e il 28 aprile alle 4.30 viene infatti arrestato in piazza Argentina con le tasche piene di accendini, giornali e spray infiammabili e viene accusato di aver dato alle fiamme i gazebo della Destra-Fiamma Tricolore in piazza San Babila e del Partito Democratico in Piazza 5 Giornate. Per questo nel 2009 venne condannato con la condizionale a cinque mesi, che vanno a sommarsi ai sei rimediati per l’incendio di un altro gazebo Pd.
Undici mesi che non gli hanno tolto il vizio di giocare con il fuoco. L’altra notte intorno alle 3.30 viene infatti fermato dalla Polfer mentre pedala tra via Bassini e via Saccardo, cavalcavia che scavalca la stazione di Lambrate. Con lui Federico Buono, 36 anni, altro anarco-ambientalista-animalista, con diversi precedenti alle spalle. Originario di Torino, senza fissa dimora, è stato da poco segnalato a Milano, dov’è appunto ospite dell’amico. Un rapido controllo e dallo zaino di Petit spuntano un paio di rudimentali bombe fatte con un impasto di fiammiferi e di «diavolina» (facile da reperire, si vende al supermercato per accendere caminetti e barbacue, e ottima base per ordigni incendiari) e una sigaretta come innesco. Come i due trovati nel luglio 2001 al primo e al quinto piano della Rinascente o quello scoperto lo scorso agosto presso la stazione mobile della Polmare a Genova. Ma soprattutto come la bomba posizionata il 21 febbraio 2011 in corso Sempione contro le vetrine dell’Energy Store dell’Eni (uno dei bersagli «privilegiati» degli anarco-ambientalisti) composta da petardi, fiammiferi, diavolina e benzina.

E difatti da casa di Petit, insieme a una parrucca e un passamontagna, sono spuntati petardi, molti svuotati per assemblare 35 grammi di polvere da sparo, e una tanica da cinque litri, colma a metà di benzina. Ora manca solo il bersaglio dei due attentatori che, nel frattempo, sono comunque finiti diritti a San Vittore.

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