Un sindaco che parla velocemente perché crede che sia sinonimo di efficienza e invece risulta incomprensibile; una candidata al Parlamento che perde sempre nei dibattiti con lavversario, pur essendo più preparata tecnicamente; un giovane manager che si butta in politica e si accorge che la sua inventiva è castrata dagli schemi del partito; un assessore che dà le indicazioni ai suoi collaboratori e ottiene lesatto contrario. Politici di talento si diventa. E non è solo questione di saper parlare in pubblico o di scegliere labito giusto.
Il punto non è come si comunica, ma cosa. Per aiutare chi non è nato trascinatore di folle ora arriva il coach. Vale a dire un allenatore che segue il candidato o il neoeletto passo passo, che ne osserva i comportamenti, ne corregge i difetti, ne valorizza le abilità. Il coaching individuale è un metodo molto usato nei Paesi anglosassoni e da noi soprattutto nelle aziende, dove secondo uno studio pubblicato dal Sole 24 Ore dà un ritorno economico quasi sette volte superiore allinvestimento. In ambito politico è ancora un esperimento. Pionieri di questa tecnica sono Nicoletta Lanza e Fabio Padovan, che hanno raccolto in un manuale dal titolo Un talento per la politica (Franco Angeli editore) la loro esperienza bipartisan di coaching politico. Il volume è stato presentato alla Camera su invito del presidente Gianfranco Fini davanti a una «classe» attenta di politici nostrani. In cattedra Edward De Bono, ispiratore di queste teorie e guru del «pensiero laterale».
Nel libro è descritto in concreto lallenamento di sindaci, assessori, parlamentari, di vecchi e consumati politicanti e giovani amministratori locali. I coach hanno analizzato abitudini, vita privata, atteggiamenti, manie e tic nervosi, suggerendo cosa cambiare e cosa sfruttare al meglio. Nelle loro testimonianze Marta Vincenzi, Sergio Chiamparino, Flavio Tosi, Massimo Cacciari e Giancarlo Galan raccontano come hanno cominciato e come hanno conciliato le proprie caratteristiche con il nuovo incarico. Dallesperienza sul campo emergono le grandi difficoltà dei politici italiani, anche quelli capaci, nel far passare il messaggio che vorrebbero. «Ho limpressione di riuscire a trasmettere e mettere a frutto solo una minima parte di quello che potrei dare nel mio lavoro», è la frase più ricorrente tra gli intervistati. Entra quindi in scena il coach, che sviluppa tutti gli aspetti del fare politica: la comunicazione, la creatività, la capacità decisionale e di leadership, labilità nellascoltare e nel progettare, nel motivare lo staff, nel gestire il tempo e i conflitti.
«Forse non voterò un candidato solo perché è simpatico, ma di certo non ne appoggerò uno freddo e scostante», spiega nel libro un elettore. Difficilmente i politici italiani riescono a entusiasmare e coinvolgere la gente. Sono lontani anni luce dallappeal dei leader americani, di cui Obama è solo lesempio più recente. Colpa delletà piuttosto avanzata di chi fa politica in Italia e anche di un contesto che penalizza il singolo a favore delle scuole di pensiero e delle logiche di partito. «Da noi il politico smette di pensare, in quanto il partito pensa per lui. Mentre in Usa il politico non ha il beneficio di un pensiero di scorta, deve usare inesorabilmente il proprio», riassume nel manuale Arduino Paniccia, docente di Strategia ed economia internazionale alluniversità di Trieste.
Il politico del futuro, nellideale sia degli elettori sia degli addetti ai lavori, è quindi il frutto di un «addestramento» che metta in luce le qualità delluomo e non la sua dottrina di riferimento. Che gli fornisca gli strumenti per maturare un pensiero autonomo, per fare politica tra la gente sotto forma di azioni concrete. I teorici del coaching individuale non si fermano certo alla facciata.
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