Arriva «Nine» ma «8 e 1/2» era una barba

Nelle nostre sale sta per arrivare Nine. Chissenefrega, potrebbe obbiettare un cinematografaro avventizio. Invece è un evento, dato che il costoso e fantasmagorico musical di Rob Marshall è il primo tentativo di rimettere in scena l’8 1/2 di Fellini, o meglio la sua avventurosa e tormentata lavorazione. Nonostante il cast di tutte stelle, in America il film ha avuto un’accoglienza non proprio entusiasmante, fuori dai denti è stato un flop. Come risponderà la prossima settimana il pubblico italiano, che con ogni probabilità starà facendo ancora la fila per Avatar? Impossibile prevederlo. Di sicuro sarà bene non sventolare troppo accanto al titolo il nome del grande Federico, che nell’immaginazione del pubblico resta, con Antonioni, il nemico numero uno di coloro che si ostinano ad andare al cinema per divertirsi. E purtroppo sono ancora la maggioranza. Davvero non c’è più religione.
Sono passati quarantasette anni, ma 8 1/2 resta un capolavoro nella storia del cinema. Anzi, IL CAPOLAVORO. Secondo i critici e gli intellettuali, beninteso. Più il popolo bue sbadiglia, più loro vanno in estasi. Figurarsi di fronte alla somma opera del vate riminese. Prendiamone due, non proprio a caso: sono infatti gli autori dei più rinomati dizionari del cinema, così popolari da firmarli con il solo cognome, il Mereghetti e il Morandini. Scrive il primo: «Autobiografia immaginaria, visivamente straordinaria, che, con apparente svagatezza, va a fondo in temi ultimi come l’Arte, la Memoria e la Morte... Un capolavoro che si fa vedere e rivedere senza stancare mai». Ma mi faccia il piacere, avrebbe replicato Totò. Chi ha resistito fino in fondo, non lo guarderebbe una seconda volta nemmeno su ricetta medica.
Ascoltate ora Morandini: «Un Ben Hur del cinema d’avanguardia. Il tentativo di un autoritratto in forma fantastica. Il diario di bordo di un autore. Il rapporto su un ingorgo esistenziale. Un film sulla confusione e sul disordine della vita. Fellini ribalta l’affermazione: la vita - e il cinema - sono gli altri, i vivi e i morti, gli esseri reali e le creature della fantasia. Bisogna accettarli tutti con amore, gratitudine, solidarietà». Perbacco, che florilegio. Chissà se anche la giuria di Hollywood rimase folgorata alla stessa maniera, fatto sta che gli rifilò l’Oscar per il miglior film straniero, oltre a quello (meritatissimo) per i costumi di Pietro Gherardi. A cui seguirono in Italia sette nastri d’argento.
Ai tanti che non hanno il videoregistratore o che non sono rimasti in attesa davanti alla tv fino alle tre di notte (ora in cui, più o meno una volta l’anno, 8 1/2 viene temerariamente mandato in onda su Rete 4) o che più semplicemente si sono assopiti dopo la primissima scena, è bene ricordare, in sintesi, la trama. Con beneficio d’inventario, perché non è che si comprenda tutto, anzi, quel che si srotola, con estrema flemma, sullo schermo. È alle terme per curare la depressione il celebre regista Guido (Marcello Mastroianni), che non ha le idee ben chiare sul prossimo film. La presenza dell’amante un po’ zotica Carla (Sandra Milo) lo infastidisce più dell’arrivo della moglie troppo borghese Luisa (Anouk Aimée). Il produttore Pace (Guido Alberti) lo sollecita a darsi una mossa, mentre gli attori lo tampinano chiedendogli lumi. Mentre ponza e riponza, il cineasta passa in rassegna le immagini della propria infanzia in Romagna: quanto sembrava bona l’impresentabile Saraghina e come erano severi i preti del collegio. Ma quel fantasma di donna (Claudia Cardinale) è presente o passato? Stop. Rob de matt, direbbero a Milano. Infatti se l’avessero proposto Carlo Vattelapesca o Giovanni Chissacchì, avrebbero chiamato subito la Croce Verde, figurarsi invece un soggetto siglato Fellini, con la complicità di Ennio Flaiano.

Anche se i produttori erano sempre pronti a toccar ferro, specie dinanzi a un bianco e nero che ondeggia tra i continui andirivieni della memoria, dove diventa arduo distinguere tra realtà e finzione. Ma non fa fino confessare di averci capito poco. Meno ancora di essersi addormentati.

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