Arriva dal Salvador la baby gang più spietata

Hanno già terrorizzato Stati Uniti, dove c’è una speciale branca dell’Fbi per combatterli, e Sud America, in Salvador la polizia spara a vista appena li riconosce, e ora sbarcano anche in Italia. Sono i «Mara Salvatrucha», la più feroce tra le bande giovanili latinoamericane. In particolare allarma le Questure di Milano, come conferma il capo della mobile Francesco Messina, e Genova, le città con le più folte comunità ispaniche.
La «Mara» nasce negli anni ’80 a Los Angeles dove si rifugiarono migliaia di salvadoregni in fuga dalla guerra civile che stava dilaniando il loro Paese. E come sempre capita, i giovani si riunirono in bande per difendersi dagli altri gruppi etnici. Come fecero i portoricani negli anni ’50 a Chicago, dando vita ai «Latin Kings». E, come loro, anche la «Mara» diventa una formazione criminale specializzata in traffico di armi, droga e clandestini, furti, rapine e omicidi.
La «Mara» pesca negli strati più emarginati e disperati della comunità latina come «alternativa di chi non ha alternative» e diviene in breve la più feroce aggregazione giovanile. Visti i loro comportamenti al limite del paranoico, le autorità statunitensi rispediscono quanti più «mareros», come si chiamano gli aderenti alla gang, a El Salvador, ottenendo come unico risultato di far attecchire il fenomeno anche nel Paese sudamericano e poi via via in quelli confinanti.
Anzi, da quel momento i «mareros» iniziano a espandersi in Honduras, Guatemala e Messico, mentre dagli Usa si muovono alla «conquista» del Canada. Per contrastarli, negli Stati Uniti viene allestita un’apposita branca all’interno della sezione «gang giovanili» dell’Fbi. In Salvador, vengono creati i «Sombra negra», squadroni della morte che sparano a vista quando vedono un giovane con il tatuaggio «MS 13» in carattere gotico, che testimonia l’affiliazione alla banda.
Ma il fenomeno non si ferma: attualmente ci sono 10mila adepti in Usa, 50mila in Sud America, 100mila nel mondo. Europa compresa. Prima in Spagna, dove si sono rifugiati una trentina tra i più pericolosi ricercati d’oltreoceano. Poi in Italia, in particolare a Milano e Genova.
«Conosciamo il fenomeno - conferma Francesco Messina, capo della squadra mobile - e lo stiamo costantemente monitorando. Da noi la gang è ancora alla fase embrionale, aggregativa. L’arruolamento, però, da tempo non è più circoscritto ai soli salvadoregni, ma è aperto a tutti i sudamericani.

E per creare una banda non servono particolari investiture dall’alto: basta adottare rituali, abiti e tatuaggi del gruppo e si diventa automaticamente “mareros”. Potremmo definirlo una sorta di “franchising”. Il fatto di conoscere i loro comportamenti e la loro estrema pericolosità, ci mette comunque in grado di contrastare il fenomeno prima che vada fuori controllo».

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