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Arruolavano kamikaze: 16 islamici in manette a Milano

Sgominata una cellula salafita con basi in Italia e in Europa. Reclutavano adepti e li addestravano per la guerra santa. Poi venivano inviato in Irak e Afghanistan. Le intercettazioni: "Italiani, cani miscredenti"

Arruolavano kamikaze: 16 
islamici in manette a Milano

Milano - I «ragazzi», così si chiamavano tra loro i membri dell’organizzazione. Riuniti in «compagnie», diffuse in Italia (a Milano, Reggio Emilia, Perugia, e in Sicilia), in Europa (Francia, Gran Bretagna, Spagna, Romania, Svizzera), in Algeria, Siria ed altre aree del Medioriente. Cellule operative, con una priorità: il jihad. Ieri, carabinieri del Ros hanno eseguito 16 delle 20 ordinanze di custodia cautelare (11 in Italia, 5 all’estero oltre a quattro persone ancora ricercate) firmate dal gip di Milano Luisa Savoia su richiesta dei pm Nicola Piacente e Armando Spataro, e sequestrato manuali di al Qaida per la produzione di esplosivi, sistemi di innesco elettronici e veleni, istruzioni su tecniche di guerriglia. Una cellula di matrice salafita viene smantellata. L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata al terrorismo internazionale.

Spiegano i magistrati nelle 660 pagine di richiesta di arresto che «sarebbe riduttivo circoscrivere la condotta degli indagati a una mera adesione al jihad e a un impegno a reperire proseliti». Il gruppo, infatti, aveva elaborato «vere e proprie strategie operative, quali il reclutamento di persone disponibili a raggiungere l’Afghanistan e l’Iraq per commettere attentati terroristici, la preparazione militare degli stessi, il procacciamento di documenti falsi, l’agevolazione dell’immigrazione clandestina e circolazione nei Paesi dell’area Ue di persone disponibili a raggiungere scenari di guerra». Non l’Italia, dunque. «Queste cellule - rassicura il comandante del Ros Gianpaolo Ganzer - non progettavano attentati sul territorio nazionale».

Tuttavia, il gruppo salafita si ispirava al «Partito della liberazione», organizzazione votata all’espansione dell’Islam attraverso il califfato unico. A capo dell’organizzazione gli inquirenti collocano Sabri Dridi, tunisino di 37 anni, nella cui abitazione di Milano venivano fissate le strategie criminali. E sempre a Milano era programmata e gestita l’attività di preparazione dei documenti falsi per agevolare l’immigrazione clandestina.

«Quella condotta dal Ros - ha commentato il ministro dell’Interno Giuliano Amato - è un’operazione molto importante.

C’è una rete terroristica che non conosce confini e che opera mimetizzandosi in più paesi».

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