A San Pietroburgo, in questa Venezia del nord, miglior luogo non vi poteva essere per accogliere un artista trentino di origine, ma da oltre cinquantanni residente nella Venezia originale: Davide Orler («Opere 1954-2007», al Museo storico di San Pietroburgo, catalogo di C & M Arte di Arezzo a cura di Maurizio Scudiero). Nel 1946, a soli quindici anni, lasciò il paese di Mezzano per seguire un sogno: Venezia, la città costruita sullacqua. «Sono un montanaro, ma la mia anima lho trovata a Venezia», scrisse molti anni dopo. Da Venezia manteneva contatti con Riccardo Schweizer, un artista amico e compaesano che era in Costa Azzurra con Picasso e quindi partecipe di quel clima visse, anche lui, una stagione post-cubista. Si trattava però di uno dei due aspetti del suo lavoro, mentre laltro era invece sanguigno ed espressionista.
Orler legge moltissimo: Paul Valéry, i poets maudits (Charles Baudelaire, Paul Verlaine, soprattutto), Rainer Maria Rilke, i poeti russi (come Esenin) e poi García Lorca. Letture alla base di una sorta di abbassamento di toni, quasi un «bagno» di luci crepuscolari, puntuale riferimento della svolta «esistenziale» avvenuta proprio in quei primi anni Sessanta.
Poi, verso il 1965, lincontro con un ballerino del Boloj in tournée a Venezia, e lacquisto di unicona russa. Si trattava di unaltra dimensione, non solo artistica ma anche umana e spirituale: forse la stessa, pensò Orler, che si era trovato di fronte Matisse durante il suo viaggio in Russia e nella quale affondavano le radici artisti come Chagall. Se fino a quel momento la sua arte aveva vissuto di unispirazione che potremmo definire «congiunturale», cioè legata alle contingenze terrene, di varia natura, da quel momento in poi la connotazione sacra rimarrà sempre presente nella sua produzione, in forma più o meno palese, ma presente. Su questo grande slancio scorre la seconda parte degli anni Sessanta, mentre invece allinizio degli anni Settanta data una fase materica, caratterizzata da una serie di lavori eseguiti parte a collage e parte per accumulazione di materiali «gettati»: una specie di «repertorio della civiltà dei consumi», unoperazione pre-archeologica su di un paesaggio urbano fatto di sprechi e rifiuti.
Poi (dal 1978 al 1987), vi fu un periodo di riflessione durante il quale Orler si dedicò allapprofondimento dei temi sacri, e della posizione della Chiesa in merito allarte. Si affidò al «Discorso agli artisti» che Paolo VI aveva emanato oltre un decennio prima (il 7 maggio 1964) e ne trasse la conclusione che anche larte contemporanea ha e deve avere una matrice sacra. Se non nello splendor formae, almeno nella sostanza.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.