Diventare arte mangiando l'arte. Il "caso" della banana di Cattelan

In molti sono rimasti allibiti dalla decisione di Sun, il miliardario cinese che ha acquistato l'opera, di mangiarsela. È sì una cosa assurda, ma per certi versi non lo è

Diventare arte mangiando l'arte. Il "caso" della banana di Cattelan
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Oh, penserete, Sun, il miliardario cinese che ha comprato la banana di Maurizio Cattelan attaccata con del nastro adesivo sul muro pagandola 6,2 miliardi di dollari se l’è mangiata, è scemo? Sì e no. Ho letto molti commenti, ma mai nessuno che c’entrasse il punto. In generale il pubblico è allibito perché lo trova assurdo. In realtà lo è e non lo è. È un’opera una banana attaccata con del nastro adesivo al muro? Come può raggiungere una cifra simile?

Chi si fa queste domande non conosce l’arte contemporanea, e per contemporanea intendo quella che iniziata un secolo fa, con le avanguardie storiche, e soprattutto con Marcel Duchamp, il genio che ha ideato il readymade. Sì, a partire dal famoso orinatoio. Il concetto è semplice: l’arte è un pensiero dell’artista, per cui un oggetto scelto dall’artista diventa opera d’arte. Il punto è: come si diventa artisti?

Su Duchamp sono stati scritti migliaia di saggi, ma dai primi del Novecento possiamo saltare alle neoavanguardie, agli anni Sessanta, al New Dada soprattutto, e precisamente a Piero Manzoni, altro grande artista. Quello conosciuto per le scatolette di merda d’artista, ma poco conosciuto per altre opere, come lo zoccolo del mondo, che altro non era che un grande piedistallo posizionato al contrario (idealmente reggeva la Terra). Ma proprio lo stesso Manzoni nel 1960 realizzò una performance alla Galleria Azimut intitolata “Consumazione dell’arte dinamica del pubblico divorare l’arte” nella quale c’erano uova sode su cui l’artista aveva impresso la sua impronta digitale e il pubblico era invitato a mangiarsele (e lo fece). Sempre in quegli anni, Joseph Kosuth espose un piedistallo con “cinque cubetti di ghiaccio lasciati sciogliere”, inutile dire che c’era solo il piedistallo.

Nell’arte contemporanea l’opera è fatta di pensiero, ma Duchamp stesso mise un guardia gli artisti: "Nella mia vita avrei potuto fare migliaia di readymade, invece sono poco più di una trentina», perché la limitazione era legata proprio al pensiero che c’era dietro l’opera". Ma quindi, questa banana?

Anzitutto viene meno l’essenzialismo dell’opera (come però nel caso di Manzoni), ossia di comprare e detenere esattamente quell’opera, perché la banana va sostituita (con una qualsiasi banana), e viene fornito anche del nastro adesivo per riappenderla al muro. Che sarà un’altra banana, e dell’altro nastro adesivo, per cui l’opera diventa il certificato di autenticità dell’artista che autorizza il proprietario a attaccare al muro la vera banana di Cattelan anche se sarà sempre un’altra. Per chi non lo sapesse, l’essenzialismo è la qualità speciale che attribuiamo a un particolare oggetto rispetto a altri. Un esempio che fa spesso il nostro più importante neuroscienziato, Giorgio Vallortigara: se hai un Van Gogh originale a casa ti emozioni nel guardarlo, tuttavia se venissi a sapere che è una copia non ti piacerebbe più. Perfino se riproducessimo il quadro molecola per molecola, tanto da renderlo indistinguibile anche chimicamente, si continuerebbe a preferire l’originale. In termini assoluti è una forma di suggestione.

È proprio su questo che gioca l’opera di Cattelan (sebbene non è che sia proprio una novità, però se riesci a venderla a sei milioni l’operazione è riuscita, anche artisticamente), il miliardario cinese stesso può sentire non solo di possedere un’opera d’arte, anche di sentirsi un’opera d’arte, quando mangia la banana. Molti staranno pensando: «Avrei potuto farla anch’io», sì, è questo un altro argomento, ma nessuno l’avrebbe comprata, e non sarebbe mai finita né in una mostra né in un’asta milionaria. Andy Warhol stesso scrisse che l’opera è fare affari, ossia entrare in un contesto mediatico e far diventare quello che fai qualcosa di mitico.

Cattelan si è burlato dell’arte? Può darsi, ma tutta l’arte contemporanea nasce da questo presupposto, anche il famoso orinatoio di Duchamp, come tutti i suoi readymade degli anni Dieci (lo scolabottiglie, la ruota di bicicletta, ecc) furono persi, per poi essere riprodotti dal gallerista Arturo Schwarz su consenso del vecchio Duchamp. Perché non furono conservati? «Perché per me all’epoca l’orinatoio era uno scherzo» disse Duchamp. «Ma la storia li ha resi una cosa seria. In fondo è accaduto lo stesso anche con le religioni».

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