Leonardo e il triangolo della mandibola: scoperta o ennesima proiezione a posteriori?

Umberto Eco ci insegna che l’interpretazione può sfociare in sovrainterpretazione: un dentista vede nell’Uomo Vitruviano l’ortodonzia moderna, ma forse vede più se stesso che Leonardo

Leonardo e il triangolo della mandibola: scoperta o ennesima proiezione a posteriori?
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Se volete capire cosa è l’interpretazione di un’opera d’arte (ma in generale di qualsiasi cosa umana) dovete leggere Interpretazione e sovrainterpretazione, di Umberto Eco. Dove si spiega i modi in cui gli studiosi possano interpretare in modo forzato, seppure affascinante, qualcosa di non voluto da un artista, talvolta anche da uno scienziato (come per esempio su Nikola Tesla, intorno al quale sono state costruite molte leggende, perfino che avesse inventato l’elettricità wireless e gliel’hanno rubata).

Su Leonardo Da Vinci non ne parliamo. Anzi parliamone, visto che il dentista londinese Rory Mac Sweeney (avete letto bene, un dentista) ha appena pubblicato sul Journal of Mathematics and the Arts (rivista accademica internazionale che esplora i rapporti tra matematica e arte) un articolo in cui sostiene di aver trovato un triangolo equilatero “nascosto in bella vista” tra le gambe dell’Uomo Vitruviano. Ok, quindi? Questo triangolo, secondo lui, corrisponde al triangolo di Bonwill, principio fondamentale della moderna occlusione mandibolare formulato nel 1864. Vale a dire: Leonardo, nel 1490, avrebbe tracciato il nucleo geometrico della dentiera perfetta, con quattro secoli di anticipo su Bonwill.

Mica è finita qui. Replicando quel triangolo intorno all’ombelico della figura emergerebbe (secondo Mac Sweeney) una struttura esagonale perfetta con un rapporto geometrico di 1,64, vicinissimo al rapporto tetraedrico naturale (1,633), usato oggi per descrivere impacchettamenti ottimali in biologia e ingegneria. Sul serio? Detto altrimenti: Leonardo avrebbe previsto anche la struttura spaziale ottimizzata del corpo umano, integrando arte, matematica e biomeccanica in un singolo disegno.

E fin qui, niente di nuovo: Leonardo anticipa tutto, è la regola e qualunque scoperta scientifica può essere retroattivamente assegnata a lui. Era geniale e poliedrico e anche piena di fantasia, tuttavia con meno fantasia di chi lo interpreta. Leonardo prevedeva l’elicottero, il carro armato, la fotocopiatrice, il riscaldamento a pavimento, ora anche l’ortodonzia.

Il problema è che questa è una tendenza culturale precisa: guardare il passato con gli occhi del presente, leggere nei dettagli del genio del Rinascimento i codici di un sapere che si è formato secoli dopo e fingere che fosse tutto già lì, in attesa di tempi maturi. Il fascino discreto dell’antichità. Un modo elegante per illudersi che la nostra modernità sia stata prevista, quindi legittimata. Come se ogni linea di Leonardo non fosse il frutto di uno studio, ma una profezia travestita da schizzo.

È la stessa logica con cui le avanguardie del Novecento interpretarono Tiziano come un proto-espressionista (anche qui con quattrocento anni di anticipo), siccome i suoi ultimi quadri (penso per esempio a Lo scorticamento di Marzia) sembravano dipinti con foga selvaggia, quando in realtà era solo quasi cieco e dipingeva con le dita (e qui rimando al saggio di Eco citato all’inizio).

Tornando a Leonardo: non c’è nessuna prova che avesse in mente Bonwill né che quel triangolo fosse disegnato pensando alla mandibola. È un’interpretazione suggestiva, ma anche una proiezione culturale comoda, quella che ci porta a cercare codici nascosti, logiche superiori, triangoli esoterici ovunque. Da quanto ne so, tra l’altro, non esistono appunti originali di Leonardo che evidenzino una conoscenza consapevole dell’ortodonzia moderna e tantomeno di quello che sarà chiamato il triangolo di Bonwill o di qualsiasi principio di anatomia mandibolare moderna, tantomeno scritti o disegni in cui Leonardo menzioni aperture masticatorie o articolazioni temporo-mandibolari o occlusioni secondo criteri prostetici ottocenteschi. Una cosa è certa: di sicuro Dan Brown di questa ipotesi non avrebbe saputo cosa farsene.

Infine, pensate a quante ipotesi affascinanti e misteriosissime sono state scritte sulla Gioconda. Talmente tante fin dai primi del secolo scorso che Marcel Duchamp realizzò con un poster della Gioconda uno dei suoi readymade, disegnandole dei baffetti, ma soprattutto, ironizzando sulle mille interpretazioni, scrivendoci sotto, in stampatello, un codice enigmatico: L.H.O.O.Q. Se leggete le lettere con lo spelling francese, viene fuori la frase “lei ha caldo al culo”.

Duchamp scherzava e anche lui quanto a genialità non scherzava, in ogni caso, a proposito, mi domando: ora che abbiamo l’analisi di un dentista sull’Uomo Vitruviano, ci sarà anche un ginecologo pronto a rivelarci un nuovo segreto sulla Monna Lisa?

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