«Aspettiamo sue notizie, siamo distrutti»

«Aspettiamo sue notizie, siamo distrutti»

Alessia Marani Silvia Marchetti
«Non sappiamo niente, non vogliamo parlare. Ora attacco, devo lasciare la linea libera». Al telefono della famiglia Ciaccia risponde la sorella di Benedetta, la ragazza trentunenne romana che risulta dispersa a Londra. Il padre non vuole parlare, e dalla frequenza con cui la sorella dice che «devono lasciare libero il telefono» si capisce che sono tutti riuniti in attesa di avere notizie. A fornire maggiori dettagli è la signora Adriana Ciaccia, zia di Roberto, il papà di Benedetta. «Sono tutti a casa in contatto con la Farnesina. Ma non vogliono essere disturbati». L’ultima telefonata della ragazza ai genitori risale alla mattina degli attentati: «Ha chiamato prima di prendere il solito treno - racconta la signora Adriana - che in un’ora la porta al centro di Londra. E poi non l’hanno più sentita. Poverina, speriamo bene che non le sia successo niente. È una ragazza così bella». Benedetta vive a Londra da nove anni, dove lavora come commercialista. E da tre è fidanzata con un ragazzo indiano. «A settembre si sposano - rivela la zia - e l’ultima volta che è venuta in Italia è stato a Pasqua, proprio per presentare al padre il suo futuro marito».
Intanto Roma si prepara ad affrontare l’emergenza. «Ora conviviamo con il terrorismo - ha detto ieri il presidente della Provincia Enrico Gasbarra, al termine della riunione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica convocato ieri pomeriggio in prefettura -. Tutto procede secondo i piani che esistono già dall’11 settembre del 2001». Ma la paura è tanta e il pensiero dei romani è tutto alle immagini delle esplosioni di Londra, a quelle scene di morte e disperazione che difficilmente dimenticheranno. In cima alla lista degli obbiettivi sensibili della Jihad islamica sarebbe proprio la Stazione Termini, snodo ferroviario nevralgico della capitale. A Roma il prefetto Achille Serra ha messo in cantiere esercitazioni post-attentato. Simulazioni degli interventi di uomini e mezzi di soccorso nelle stazioni del metrò e negli aeroporti (l’ultima la scorsa settimana a Fiumicino). Ora, però, bisognerà fornire mappe della metropolitana ai pompieri dislocati in città, spiegare loro come interrompere il flusso di energia elettrica nelle sottostazioni in caso di incendio o deflagrazione; dotarli di particolari autorespiratori quelli cosiddetti «a circuito chiuso» del tipo utilizzato per spegnere il terribile rogo nel traforo del Monte Bianco, gli unici a poter garantire un’autonomia consistente in situazioni critiche. «Al momento - spiega Gianluca Nettuno, di Rdb - nella capitale non ne abbiamo, né abbiamo fatto formazione per adoperarli».

Chieste anche più ambulanze per il 118, mentre al San Camillo è già attivo il Pemaf, Piano di emergenza massiccio afflusso di feriti, con unità di crisi e personale sanitario specializzato. Per facilitare, invece, eventuali operazioni di evacuazione dai metrò, il prefetto ha stabilito di spostare di 200 metri tutte le bancarelle nei pressi delle stazioni.

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