I «killer virtuali» di Silvio Berlusconi sono nel mirino della polizia postale e della Procura di Roma. Dopo la denuncia del Giornale di ieri, sul gruppo «Uccidiamo Berlusconi» che sul sito di social network Facebook inneggia alla morte del Cavaliere si sono accesi i riflettori della politica e della magistratura. I reati ipotizzati sono «istigazione a delinquere» e «minacce gravi». Ad avviare gli accertamenti è stato lo stesso capo dei pubblici ministeri romani, Giovanni Ferrara, che ha subito raccolto linvito lanciato dal ministro della Giustizia Angelino Alfano: «Poiché esiste lobbligatorietà dellazione penale - aveva detto il Guardasigilli - mi attendo che la magistratura faccia il proprio dovere». Le indagini saranno svolte dal procuratore aggiunto Nello Rossi, che coordina il gruppo di inquirenti specializzati nei «reati di criminalità informatica» e dal pm Andrea De Gasperis.
Nonostante laffondo della magistratura, però, ancora alle 22 di ieri la pagina web di Facebook nata nel settembre del 2008 e ispirata dal film Shooting Silvio era ancora aperta, i suoi «iscritti» in aumento (13.720) e felici: «Eccomi - scrive Vittorio B - nuovo nuovo e subito indagato...». Non si esclude che i «promotori» del gruppo di discussione potrebbero essere ascoltati (e indagati) assieme ai gestori di Facebook, solitamente molto veloci a «oscurare» pagine che incitano allodio razziale, ideologico o religioso, (come già successe contro i militari italiani in Afghanistan).
Ma lallarme sicurezza del premier resta alto. Era stato lo stesso Alfano, nel pomeriggio, a dirsi «preoccupato» per la sicurezza del Cavaliere: «Sulla rete ci sono parecchi siti che inneggiano allomicidio di Berlusconi». La questione è stata discussa alla riunione del Comitato nazionale sulla sicurezza e lordine pubblico al Viminale alla presenza del ministro dellInterno, Roberto Maroni, del sottosegretario Gianni Letta e dei vertici delle forze dellordine e dei servizi segreti.
Solo qualche giorno fa un militante Pd di Modena aveva scritto proprio su Facebook «possibile che nessuno gli ficchi una pallottola in testa?». Invito poi seguito da una lettera minatoria («Berlusconi, lascia la politica o morirai») arrivata al quotidiano il Riformista. «Questi sono segnali preoccupanti - ha detto il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi - qualcuno fermi questa campagna dodio prima che ritornino forme di terrorismo». «Al di là delle minacce virtuali non cè un bel clima - aveva detto nei giorni scorsi Maroni - ci sono segnali preoccupanti, ma faremo di tutto perché quella stagione appartenga al passato». A preoccupare, più che i gruppi su internet, sono «i gesti violenti di mitomani isolati difficilmente individuabili in sede di azione preventiva».
Neanche stavolta lopposizione è riuscita ad andare daccordo: mentre il segretario Pd Dario Franceschini chiedeva la chiusura del sito, lItalia dei Valori con Massimo Donadi ha urlato: «Non sia la solita scusa per censurare il web».
Intanto i proprietari di Edizione Noubs, la casa editrice che ha lanciato il concorso letterario La notte in cui morì Silvio Berlusconi fanno marcia indietro dopo larticolo del Giornale di domenica scorsa. «Siamo sorpresi da quel che è accaduto», dicono tirando in ballo lo scrittore Ennio Flaiano: «Forse avrebbe detto che oggi la società è talmente vuota che la pagina bianca è oggetto di interesse più di quella scritta. Che qualcuno è capace di leggere oltre le righe bianche, perché non sa interpretare quelle nere». Scuse, dunque, a chi si è sentito «offeso dalliniziativa che non contiene una visione di incitamento alla morte» né tantomeno vuole «fomentare le gesta di eventuali squilibrati o facinorosi». Il titolo del concorso sarà cambiato in La notte in cui fu clonato Silvio Berlusconi. Ma dopo i fischi e le polemiche però la Noubs si aspetta «una telefonata del premier, che, a differenza di molti giornalisti, è dotato di spirito umoristico e di energia positiva, e non vede il male dove non cè». I giornalisti, sempre colpa loro. Anzi no. Per i simpatici editori della Noubs è anche colpa di chi vive alla corte, anzi peggio allombra del Re Sole che abita a Palazzo Chigi. Lui così bello e simpatico, loro così «incapaci di esprimere ironia e buonumore, livorosi e pronti a riversare su altri il loro intimo disagio, la loro mancanza di genialità, la loro condizione di ombre che non saranno mai baciate dal sole, e che sempre allombra resteranno».
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