Il 16 giugno del 2006 larresto che fece il giro del mondo. Oggi, a più di tre anni di distanza, la sentenza del gup Luigi Barrella: Vittorio Emanuele di Savoia sarà processato a Potenza (la prima udienza è stata fissata per il 21 dicembre, alle ore 9.30) per laccusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di pubblici funzionari. Larresto di Vittorio Emanuele fu chiesto dal pm Henry John Woodcock (trasferitosi a Napoli dallo scorso 14 settembre) e disposto dal gip Alberto Iannuzzi: al centro dellinchiesta denominata Savoiagate vi era - secondo laccusa - unholding del malaffare, con a capo proprio il principe di casa Savoia, e impegnata nel settore del gioco dazzardo, che avrebbe fatto ricorso a operazione di corruzione per ottenere specifici «nulla osta» dai Monopoli di Stato per linstallazione di videogame.
In serata, dopo una giornata di attesa nel palazzo di giustizia di Potenza, è stata letta la sentenza. Al posto di Woodcock, cerano i pm Laura Triassi e Salvatore Colella. Oltre al principe, sono stati rinviati a giudizio, sempre con laccusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di pubblici funzionari, altre cinque persone: Rocco Migliardi, Ugo Bonazza, Nunzio Laganà, Gian Nicolino Narducci e Achille De Luca. Al telefono, con gli avvocati Francesco Murgia e Gianfranco Robilotta, Vittorio Emanuele ha espresso tutto il suo rammarico: «Non cera da aspettarsi altro per una vicenda inspiegabile. Resto fiducioso nellaccertamento dei fatti, però provo dolore nel subire queste accuse». Estremamente duro anche il commento dei legali: «Cè - ha detto Murgia ai giornalisti - profonda delusione sul piano tecnico. Gli elementi eclatanti che deponevano per linsussistenza di qualsiasi ipotesi di reato sono stati riversati in maniera ampiamente esaustiva. Sono deluso come avvocato e impaurito come cittadino perché - ha concluso Murgia - si è usata come prova laria». Così il 21 dicembre si riaccenderanno i riflettori sul Tribunale di Potenza, salito agli onori della cronaca anche per unaltra inchiesta del pm Woodcock, quella denominata Vallettopoli che, partendo proprio da alcune intercettazioni utilizzate per Savoiagate, portò allarresto nel marzo del 2007 del fotografo dei vip, Fabrizio Corona. E per Vittorio Emanuele vi sarà un altro processo, a distanza di oltre venti anni da quello che si concluse con la sua assoluzione dallaccusa di omicidio preterintenzionale del giovane tedesco Dirk Hammer, ucciso nel 1978 allisola di Cavallo, in Corsica, da un colpo di fucile sparato dal principe.
Il rinvio a giudizio di Vittorio Emanuele era stato chiesto da Woodcock nell'ambito dell'inchiesta cosiddetta Savoiagate: il 16 giugno 2006 il gip Alberto Iannuzzi ordinò altri dodici arresti. Le accuse, a vario titolo, erano associazione a delinquere finalizzata alla prostituzione, alla corruzione, alla concussione, falsità ideologica, minacce e favoreggiamento. La notizia dell'arresto di Vittorio Emanuele, che rimase nel carcere di Potenza per una settimana, fece il giro del mondo: tutto partì da una «banale» indagine che riguardava i prefabbricati di Bucaletto, il quartiere costruito a Potenza per accogliere i senzatetto del terremoto del 1980.
Dall'inchiesta che portò in carcere Vittorio Emanuele scaturì quella conosciuta come Vallettopoli e che nel marzo del 2007 fece finire in galera, ancora a Potenza, ma per trentatré giorni, il fotografo dei vip Fabrizio Corona.
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