Gli hanno restituito lorologio, il portafoglio, i documenti. E prima di ieri sera era già libero. Lui, Antonio Colia, una leggenda della malavita milanese, il gangster cupo e silenzioso che - mentre Renato Vallanzasca imperversava sui giornali - negli anni 80 mandava davvero avanti la banda della Comasina. E che, per un capriccio della cronaca, torna libero appena tre giorni dopo che il «bel Renè» ha fatto capolino fuori dal carcere per andare a lavorare in una pelletteria.
Invece Colia è libero davvero, assolto con formula piena dal delitto che lo avrebbe sepolto allergastolo. Vallanzasca, dal suo laboratorio di pelletteria, rilascerebbe interviste a mezzo mondo ma la legge glielo proibisce. Colia invece potrebbe parlare quanto gli pare, ma si può stare certi che starà zitto: come ha sempre fatto, perché quelli come lui sanno che un uomo è schiavo delle sue parole ma padrone dei suoi silenzi.
Lo avevano arrestato il 31 ottobre 2007 i carabinieri con laccusa di omicidio premeditato. E i giornalisti cerano andati a nozze.
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