È assolto, ora confessa: "Ho ucciso mia moglie"

Il delitto perfetto: Denis Occhi, ferrarese di 33 anni assolto per l'omicidio della ex moglie, non può essere processato per la seconda volta. Giada Anteghini fu uccisa con un'accetta il 25 novembre 2004

È assolto, ora confessa: 
"Ho ucciso mia moglie"

Milano - Ha confessato davanti ai poliziotti il delitto dell’ex moglie. Ma non rischia niente e non passerà neanche un giorno in carcere: Denis Occhi infatti era già stato processato e assolto dall’accusa di omicidio. La sentenza è definitiva e il caso non può più essere riaperto.

È una storia amara e paradossale quella che arriva da Ferrara. Occhi, un muratore di 33 anni, si presenta in Questura venerdì mattina e agli ispettori di turno svela la soluzione del giallo: «Ho ucciso io mia moglie». Lei si chiamava Giada Anteghini, aveva 27 anni e viveva con un nuovo compagno: l’aggressione scattò in casa il 25 novembre 2004. Qualcuno penetrò nell’abitazione e colpì selvaggiamente con un’accetta la giovane che stava dormendo. Il seguito fu, se possibile, anche più straziante: Giada Anteghini, ferita in modo gravissimo alla testa, entrò in coma e rimase fra la vita e la morte, senza riprendere conoscenza, fino al 23 gennaio 2006 quando la sua agonia finì. Unica nota positiva della terribile vicenda: l’assassino non si curò della figlia di 6 anni, nata proprio dal fallito matrimonio con Occhi, che dormiva al momento dell’irruzione nella cameretta attigua a quella della mamma.

E Occhi? Lì per lì confessò di essere il killer. E mise il proprio racconto nelle mani di alcuni carabinieri di Comacchio, suoi amici. Ma poi ritrattò e la giustizia andò in testacoda: in primo grado l’ex marito venne condannato a 20 anni di carcere, con il rito abbreviato. In appello il colpo di scena: gli indizi furono riletti in altro modo e giudicati insufficienti; così il 27 febbraio 2008 l’ex marito fu assolto e rimesso in libertà. Insomma, dopo la donna, anche la giustizia è entrata in coma.

La sentenza ormai è definitiva e non può più essere rimessa in discussione. La revisione, istituto che il nostro codice contempla, funziona solo in una direzione: dalla colpevolezza all’innocenza. E infatti è servita a porre rimedio a errori giudiziari gravissimi, come quello che ha tenuto in cella per sette anni e mezzo, dal 1992 al 1999, Daniele Barillà, il piccolo imprenditore di Nova Milanese scambiato per un boss dello spaccio.

Ma non c’è sentenza che tenga quando la coscienza preme. A quanto pare, il rimorso ha scavato l’uomo, anche se con un’altalena del genere di confessioni e ritrattazioni, conviene andare con i piedi di piombo. Il muratore, roso dal senso di colpa, ha ammesso per la seconda volta le proprie responsabilità, alla presenza dei poliziotti e dell’avvocato d’ufficio. Per la cronaca, il Pm e gli investigatori ritengono del tutto attendibile il suo racconto e hanno avviato ulteriori accertamenti per verificarne la solidità.

Anche se, ieri sera, altro colpo di scena, l’uomo ha innestato ancora la retromarcia e ai microfoni del Tg 5 ha negato di essere il killer. In ogni caso, le nuove ricerche saranno solo un esercizio accademico: Occhi non tornerà più in cella. Protetto dalla legge che ha beffato.

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