Letteratura

Un "Atlante" per orientarsi negli incubi di Vollmann

Nelle storie brevi dell'autore "maledetto" rivivono viaggi in luoghi incredibili e pieni di umanità dolente

Un "Atlante" per orientarsi negli incubi di Vollmann

Una poetica della realtà che diventa visione, incubo, fantasia, un viaggio attraverso una svariata umanità. William T. Vollmann si conferma con la raccolta L'Atlante - appena pubblicata in Italia da Minimum Fax nella traduzione di Cristiana Mennella - tra i più importanti e potenti scrittori americani. Sono 53 storie, tra reportage e racconto, sulle esperienze per lo più vissute dall'autore in prima persona in ogni parte del mondo: dallo smog di Los Angeles alla nebbia di Hong Kong, dalle corride di Città del Messico alla guerra a Sarajevo.

Tra i racconti che rimangono più impressi la devastante e cruda descrizione della perdita della sorella durante l'infanzia (annegata in una piscina perché sfuggita alla sua responsabilità di fratello maggiore) e un racconto ambientato in Bosnia, che narra l'incidente in cui un amico è stato ucciso da un colpo di pistola in un'auto in cui viaggiava anche l'autore. Anche gli amori perduti hanno un ruolo di primo piano: la tenera prostituta che Vollmann incontrò durante il suo primo viaggio in Thailandia a Phnom Penh; la sua prima fidanzata, ora sposata con figli e impegnata in una battaglia contro il cancro al seno. Per poi affrontare le (dis)avventure più diverse: quando Vollmann paga per andare a caccia di trichechi con un vecchio inuit e i suoi nipoti ma viene per lo più ignorato, quando interrompe una notte di kickboxing a Bangkok perché la brutalità di questo sport lo travolge, quando viene tollerato dagli aborigeni urbani di Sydney solo finché la birra che ha comprato non finisce.

Visioni cupe e a volte terrificanti della realtà del sottoproletariato, a ogni latitudine e longitudine, che sono poeticamente e dannatamente reali. Come la sua avventura in un bazar di cartomanti in Birmania, o in una discoteca infestata da rapinatori in Madagascar: su questi scenari, i racconti di Vollmann vivono le loro vite varie e selvaggiamente diverse. Sono soprattutto gli esseri umani di questo libro a coinvolgerci: la prostituta tossicodipendente a cui sono stati tolti i figli, il pugile sempre destinato a perdere, lo zingaro ubriaco e di tanto in tanto, naturalmente, l'autore stesso.

Disposto come un enorme palindromo tematico, L'atlante mostra la capacità di Vollmann di costruire strane strutture, sonetti composti da storie anziché da parole.

Già 1989 Tom Wolfe sollevò un polverone quando scrisse (su Harper's) che i romanzieri avrebbero dovuto smetterla di esaminarsi l'ombelico e uscire a fare esperienze reali, a fare ricerche come un giornalista esperto, in modo che le loro opere avessero un certo spessore storico-sociale.

Queste storie, in origine commissionate dalle riviste Spin ed Esquire, diventano - tra parole e fotografie che intervallano il testo come un cielo di tenebre squarciato da lampi - una narrativa matematicamente strutturata come la Vita di Georges Perec o le Lettere di John Barth.

Al centro della raccolta L'Atlante c'è una storia chiamata L'Atlante, che intreccia gli episodi del resto del libro. Ma assomiglia anche a un romanzo, perché esplora il paesaggio psichico di un unico narratore (mai nominato, ma abbastanza chiaramente Vollmann), un uomo che si ricorda del mondo interiore a causa del mondo esterno tormentato e devastato. Si ha l'impressione che l'autore viaggi in tutto il mondo per sfuggire a un opprimente senso di perdita o per trovare una sorta di amore duraturo.

A metà strada tra il santo pazzo e il brutale americano incontra una grande varietà di persone e vive numerose avventure, la maggior parte delle quali sono spiacevoli. Occasionalmente sperimenta momenti di bellezza e di estasi (soprattutto nel capitolo Esaltato dal vento), ma per lo più ciò che incontra sono ricordi di perdite.

Un secolo fa il Marlow di Cuore di tenebra di Joseph Conrad, un altro viaggiatore del mondo, mentre rimuginava tra le luci moderne dei lampioni sul Tamigi, capiva che «Anche questo un tempo è stato uno dei luoghi oscuri della terra».

Anche Vollmann si occupa dei luoghi oscuri della terra e del cuore di tenebra che c'è dentro di noi. Si dice che il viaggio allarghi gli orizzonti, ma mette anche a fuoco i nostri limiti, le difficoltà, il nostro terrore come in certi racconti di Edgar Allan Poe che spesso Vollmann ricorda volutamente attraverso una prosa gotica.

Come quando fa sesso con una prostituta e poi subito dopo sogna di vedere la bara di sua sorella e si sveglia «urlando o pensando di urlare»: in questo incubo, forse, sono racchiuse le ossessioni di Vollmann.

Per chi conosce già l'autore, L'Atlante ricorderà le sue Storie dell'arcobaleno e Tredici storie per Tredici epitaffi e ritroverà anche alcuni dei personaggi dei suoi precedenti romanzi.

Chi non conosce la sua opera potrebbe iniziare proprio con L'Atlante che è il miglior viatico per comprendere come questo scrittore, che cerca spesso anche di allontanare chi non l'ha mai letto per rivolgersi a chi vuole andare alle radici del Male e quindi poi cercare la Luce.

Se non per vivere almeno per non sprecare l'occasione di interrogarsi sul senso vero e ultimo della vita.

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