Per qualcuno è un attentato, per qualcun altro solo unaltra prova del caos palestinese. Poche ore prima Hamas e Fatah hanno annunciato un accordo per metter fine alle reciproche violenze, costate nellultimo mese diciannove morti. Il sollievo per quellaccordo dura fino al termine della preghiera del venerdì. Il premier Ismail Haniyeh parla, come ogni settimana, davanti ai fedeli di Hamas riuniti in una moschea di Gaza, poi monta sulla sua Mercedes blindata e si affretta verso i suoi uffici. Ma qualcuno ha deciso di fargliela pagare. Nascosti a un angolo della strada ci sono i familiari di un miliziano di Fatah ammazzato negli ultimi scontri fratricidi. Da quellangolo partono numerose raffiche di kalashnikov contro una delle automobili in coda al corteo. Mentre lammiraglia del premier fila via lautovettura di scorta esce di strada e viene abbandonata dai suoi occupanti. Un attimo dopo gli assalitori le sono sopra e la danno alle fiamme. Haniyeh non ha neppure un graffio, ma lepisodio dimostra la totale inconsistenza degli accordi raggiunti dai due gruppi e la totale incapacità di tenere a bada i militanti armati.
Una situazione non certo idilliaca soprattutto nella prospettiva di quella «decisione coraggiosa» - più volte annunciata e rimandata - con cui il presidente palestinese medita di decretare la fine al governo di Hamas per andare a elezioni anticipate o alla formazione di un esecutivo formato da tecnici. Pochi minuti prima dellattacco alla sua scorta Haniyeh aveva promesso ai fedeli riuniti nella moschea di non voler cedere alle pressioni del presidente. «Tutte quelle che ci vengono presentate sono soltanto opzioni rivolte a toglierci il governo, ma la ruota della Storia non gira allindietro». Se, come previsto, Abbas cercherà di mettere in atto la sua scelta coraggiosa pochi giorni dopo la fine del Ramadan, prevista intorno a dopodomani, Hamas risponderà dunque picche. A quel punto nessun accordo tra i gruppi sarà in grado di allontanare il rischio di una guerra civile. Il primo a farlo capire è proprio Haniyeh. «Tutte queste opzioni non porteranno né calma, né stabilità e non rappresenteranno certo una via per uscire dalla crisi».
Non più tardi di giovedì Mahmoud Abbas ha discusso con i rappresentanti della Commissione elettorale centrale la possibilità di indire nuove elezioni o di convocare un referendum per chiedere ai palestinesi di scegliere tra lesecutivo di Hamas e un nuovo governo non gravato dalle sanzioni internazionali. La terza ipotesi, per cui è però indispensabile lavallo di un Parlamento controllato dallo stesso Hamas, è la formazione di un governo di tecnici capace di offrire unimmagine accettabile per la comunità esterna. Hamas però continua a rifiutare tutte e tre le opzioni e a considerarle alla stregua di un colpo di Stato ordito dal presidente con lappoggio di americani e israeliani.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.