Attenzione: non strumentalizziamola È soltanto una commedia divertente

La pellicola non sposa nessuna delle tesi avanzate da «Foglio» e «Repubblica»

Diciamo la verità: la storia di Juno, piccola e deliziosa Giunone del film adottato da Giuliano Ferrara, non somiglia alla drammatica vicenda della quindicenne di Pordenone rivoltasi all'avvocato perché i genitori volevano costringerla ad abortire. «Voglio allevare questo figlio con tutto l'amore di cui sono capace», ha sostenuto l'adolescente, già privata due anni fa di un bimbo, subito dato in adozione, avuto da un operaio albanese. Tuttavia Juno, da domani nelle sale dopo aver vinto la Festa di Roma e soprattutto un Oscar, esce al momento giusto, e non sorprende che l'altra sera a Matrix il direttore del Foglio l’abbia citato come esempio virtuoso di una «diversa scelta possibile» in materia di maternità consapevole. Sul film-caso di Jason Reitman (costato solo 7 milioni di dollari, in patria ne ha incassati oltre 150) solo in Italia si sta giocando una partita etico-politica nata sui giornali e finita in tv. Ha cominciato Ferrara su Panorama, facendo di Juno un inno alla vita contro «un uso scellerato e irresponsabile della pratica abortiva», gli ha risposto Natalia Aspesi sulla prima pagina di Repubblica, è seguita sferzante replica sul Foglio. Non ha torto il nostro Cabona quando sottolinea che nel film «nessun personaggio prende posizione pro o contro l'aborto, come invece fanno Ferrara e la Aspesi». In effetti, la qualità migliore di Juno sta proprio qui: nella sua capacità di accettare e assorbire tutte le interpretazioni, anche quelle che ne forzano il senso, senza per questo sposarne nessuna. A Ferrara piace la scena ambienta nella clinica dove si abortisce, perché Juno, accolta come un numeretto e sentendo «odore da anticamera del dentista», cambia idea e farà crescere dentro di sé il pargoletto, che lei chiama di volta in volta fagiolino, pesciolino, girino, gamberetto. La Aspesi, invece, gradisce che «nel film non si parli mai di difesa della vita, non ci sono vescovi o predicatori o profittatori politici che evochino assassinio, il feto non è un personaggio, le famiglie che si vedono non sono quelle del family day».
Magari ora Juno potrà essere visto con animo sgombro da pregiudizi, per quello che è: una commedia tenera, intensa, originale, anche divertente, su una sedicenne a suo modo unica, facile alla battuta ironica e pungente, colta in un percorso di crescita dal quale esce migliore, più responsabile.

«Lo so che bisognerebbe innamorarsi prima di riprodursi», sospira infatti la fanciulla dopo aver partorito il neonato che darà in adozione a una trentenne nel frattempo rimasta single (in America è possibile). Tutto s’aggiusta, dunque. Niente cicatrici. Dal cinema si esce leggeri e rasserenati. Ma ricordiamoci che è un film.

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