Attinelli misura la dolce febbre della giovinezza

Dicono che ridia la vista agli orbi. O che, addirittura, faccia resuscitare i morti. Ancor più prosaicamente, che sia in grado di evocare una capacità di trazione di molto superiore a quella di una pariglia di buoi. O di un traliccio di alta tensione. Certo che l’immagine di «un paio di gambe che non finivano mai, inguainate dai jeans» produce effetti devastanti sul vecchio professore Alex Klein. Il quale è rimasto un cultore della bellezza, ma limitandosi ormai ai suoi aspetti monumentali e artistici. Tanto che, per uno strano difetto dell’iride che ha nome malinconia, è solo capace di eleganti visioni in bianco e nero. Le gambe - e tutto il resto - lo guariscono d’un tratto, inondandolo di colore. Ma Klein si ammala di un’altra malattia, che qualche anno fa avremmo definito rincoglionimento senile. Oggi che ci avviciniamo anche noi alla soglia dei cinquanta tendiamo ad essere molto più indulgenti.
Se si aggiunge che la scena si svolge nella splendida e fetida Venezia, città che meglio di qualsiasi altra al mondo si presta alle visioni oniriche e ai rendez-vous tra Eros e Thanatos - ma anche al decadentismo spicciolo - si capisce il rischio corso dallo scrittore che va a impelagarsi in simili luoghi e argomenti. Il feuilleton è in agguato, la banalità incombe... A meno che non si possieda il talento del romanziere. Di cui per sua fortuna Lucio Maria Attinelli appare ampiamente provvisto. La gondola bianca (edizioni del Girasole, pagg. 177, euro 15, traduzione di Ivan Simonini) è il suo secondo romanzo tradotto in Italia, dopo Una stagione a Palermo (che narra l’esperienza autobiografica dell’incontro dell’autore con il generale Patton). Intendiamoci, Attinelli è italianissimo, anzi, palermitano ma, dopo una lunga carriera diplomatica, vive in Spagna e scrive in francese. E in Francia è autore molto popolare.
La gondola bianca è un romanzo giocato tutto sul filo dell’immaginazione. La storia si muove al confine fra sogno e realtà, in una dimensione visionaria. Se il protagonista, a un certo punto, dirà che la «giovinezza è la febbre terzana della ragione», il bagno di gioventù cui egli stesso si sottopone lo precipita in una sorta di iperattivo delirium tremens, che farebbe pensare a un uso disinvolto di sostanze chimiche... Ma Alex consuma soltanto Corvo bianco di Salaparuta. Segno che anche i suoi gusti sono datati, ai bei tempi in cui il summenzionato era ancora un vino di classe... Del resto, ha il coraggio di avventurarsi con la sua bella in un locale notturno veneziano ed è tanto fortunato da trovare un disk jockey fanatico di Sinatra! Quando si dice la combinazione.
La donna inseguita è il clone perfetto di un’altra, l’unica della sua vita. Immagine che appare a bordo della gondola bianca, l’imbarcazione favolosa che, squarciando le nebbie veneziane, viene per mostrare la persona amata a chi l’abbia perduta. Attinelli ha mestiere e talento narrativo e confeziona un bel romanzo.

Quando poi esplode la carnalità delle sue donne, lo scrittore poliglotta attinge alla sua vera anima - che è sicula - inondando la pagina di colore e di vita (preludio pur sempre di grigio e di morte). Il sogno diventa allora forse vietato ai minori, ma è un gran bel sogno.

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