La scena dove Claus Peymann ambienta la tragedia del sovrano più ambiguo e problematico di Shakespeare, quel Riccardo II che spodestato dal cugino Bolingbroke finì assassinato a colpi dascia nel truce maniero di Pomfret, non è la sala dudienza di una reggia medievale né tantomeno lo spalto scosceso di quel castello in rovina dove, prima dellabdicazione, si consumò il destino di un re incoronato bambino e giustiziato al compimento del trentatreesimo anno detà. Ma una sorta di latteo imbuto che affonda tra due pareti ad angolo acuto scoprendo, sul fondo, unapertura a iride.
È là, in quel rettangolo privilegiato, che i nobiluomini gozzovigliano in candida tenuta da junker attorno a un gran tavolo da biliardo. In questo spettacolo di grande suggestione figurativa, che ricorda nella composizione dei gruppi e negli accenti secchi e taglienti della recitazione il grande Riccardo III che lo stesso regista montò ventanni fa al Burgtheater di Vienna, i costumi volutamente impersonali nel taglio e nel colore sono di matrice vagamente contemporanea.
Stagliandosi come inquietanti segnali di minaccia ogni volta che, agìti dagli interpreti, macchiano le paratie dello spazio scenico. Che, ben lontano dal figurare un luogo neutro di pura convenzione, assume valenza di orrido luogo chiuso da cui è impossibile evadere come accade nei desolati apologhi di Beckett. A cui si richiama, tra laltro, il magnifico inizio dellarrivo di Gaunt duca di Lancaster, grande invalido abbarbicato su una sedia a rotelle che sogguarda maligno il pubblico peggio di Hamm in Finale di partita.
Ci troviamo quindi, a detta del regista, in una situazione dannata a priori dove qualsiasi congiura determina, fin dal suo apparire, uno spiazzamento continuo delle parti in causa con bruschi passaggi dalluno allaltro schieramento destinati a non placarsi neppure alla stretta finale che vede il trionfo dellusurpatore.
Il quale, si direbbe contagiato dal profetico assolo del re detronizzato splendidamente incarnato da Michael Maertens nel grande monologo in cui Riccardo chiede ai suoi carnefici uno specchio per contemplare la propria dissoluzione, non può che tristemente ripiegare su se stesso come coloro che, su un pianeta ridotto a deserto, attendono limpossibile arrivo di un deus-ex-machina di nome Godot.
RICCARDO II - di Shakespeare Compagnia del Berliner Ensemble. Regia di Claus Peymann, con Michael Maertens. Verona, Teatro Romano, poi in tournée
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.