Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Giuseppe Terracciano, segretario generale Fim Cisl di Napoli. Il tema è il piano Fabbrica Italia della Fiat e il futuro dello stabilimento di Pomigliano d'Arco che produrrà la nuova Panda. Dovrebbe intanto svolgersi il 26 gennaio, all'Unione industriali di Napoli, l'incontro tra Fiat e sindacati per discutere delle prossime assunzioni nella newco di Pomigliano d'Arco.
Ecco il testo della lettera.
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Bisogna dare atto a Marchionne di essere, con grande tenacia, riuscito a realizzare il progetto di Fabbrica Italia, nonostante le innumerevoli difficoltà incontrate, così riportando il nostro Paese all'attenzione degli investitori stranieri ed aprendo le porte a nuovi insediamenti industriali sia nel Sud che nel Nord.
Il Sindacalismo Confederale e le forze riformiste hanno accettato la sfida, sottoponendo ai lavoratori il progetto industriale di Fabbrica Italia ed essi, facendosene carico con l'esito favorevole di Mirafiori, dopo quello di Pomigliano, hanno dimostrato grande senso di maturità e di responsabilità, perché hanno capito che la posta in gioco era davvero il loro futuro e quello delle loro famiglie.
La ratifica degli accordi per queste due fondamentali realtà produttive ha messo al sicuro investimenti, posti di lavoro, certezza di reddito, senza ledere il diritto fondamentale dei lavoratori, che è quello di avere, prima di tutto, il lavoro.
La sfida, però, continua, Individuati, con gli accordi sottoscritti, gli strumenti che garantiscono la maggiore produttività necessaria per essere competitivi, è giunto il tempo di intervenire sulla risorsa umana.
Il punto di partenza non può essere che il management aziendale. Il cambiamento, epocale, in corso richiede un nuovo modello, cooperativo - partecipativo, che coinvolga tutti nell'obiettivo del raggiungimento dei budget di quantità e qualità prefissati. Anche questa è una sfida, perché il corpo intermedio, composto da capi giovani e bravi, va comunque preparato alle nuove esigenze con un investimento culturale e formativo sul versante industriale e gestionale, perché il loro è un compito straordinario, non solo produttivo, ma di coinvolgimento di tutti i lavoratori nel raggiungimento degli obiettivi strategici e produttivi dell'impresa.
Quindi le relazioni sindacali devono passare definitivamente da conflittuali a partecipative, come insegnano le esperienze di altri grandi paesi industrializzati siano esse la presenza nei consigli di «mministrazione, come la partecipazione azionaria, ovvero la fabbrica famiglia giapponese, il coinvolgimento dei lavoratori ha sempre prodotto un miglioramento delle quantità e della qualità.
La nuova sfida della Fiat e del sindacalismo confederale è proprio questa: intervenire con tutti gli strumenti a disposizione, a partire da appositi corsi di formazione, per costruire un clima costruttivo e di partecipazione attiva alla gestione della Fabbrica.
Ed in tale quadro ci auguriamo, per il bene dei lavoratori, che gli amici della Fiom abbandonino sterili suggestioni antagoniste, si predispongano a governare questo grande progetto, partecipando alla costruzione di questo nuovo patto tra capitale e lavoro, per il quale si pone il problema di individuare forme e strumenti di partecipazione dei lavoratori alle scelte e alle decisioni aziendali.
Questo presuppone, tuttavia, prima di tutto che si concordino regole, vincolanti, sulla rappresentanza, sul se, come e quando attivare strumenti, delicati, quale il ricorso al referendum che, per la scelta drastica tra un sì ed un no, impedisce valutazioni approfondite e meditate, l'individuazione e consapevolezza del punto di equilibrio, che è alla base della contrattazione, cioè del ruolo stesso del sindacato.
Ecco perché non dobbiamo stancarci di chiedere: se il risultato dei referendum di Pomigliano e Mirafiori non fosse stato favorevole agli accordi, quale strada si sarebbe dovuta seguire, davvero quella della lotta ad oltranza per fare in modo che la Fiat andasse via, cioè per perdere il lavoro?
Dire no è facile, mentre è difficile, ma necessario, affrontare propositivamente i problemi e, prima di tutto, far ripartire la produzione.
Solo così si potrà competere nell'economia globalizzata, stare sul mercato e garantire il lavoro e il salario in una società fortemente coesa.
Giuseppe Terracciano
Segretario generale
Fim Cisl Napoli
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