Cei di nuovo alla carica con lo ius culturae: "Servono più migranti"

"Non seminiamo ostacoli, con un'ombra punitiva". L'arcivescovo Zuppi lamenta difficoltà burocratiche per i migranti e cita lo ius culturae, provvedimento sul quale il centrodestra è invece cauto

Cei di nuovo alla carica con lo ius culturae: "Servono più migranti"
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"Abbiamo bisogno di migranti per vivere". All'assemblea dei vescovi italiani in corso a Roma, il cardinale Matteo Zuppi è tornato a parlare di accoglienza. Lo ha fatto rimprendendo un filone già affrontato in passato, quando aveva discettato di diritto all'emigrazione, di muri da abbattere e di paure. Stavolta il presidente della Cei ha toccato il tema alludendo agli aspetti burocratici, con parole risuonate come una tirata d'orecchie (un po' esagerata, ci permettiamo di osservare) agli italiani e a chi li governa. "È la triste società della paura", ha infatti affermato l'arcivescovo di Bologna, auspicando un'accelerazione sulle regolarizzazioni dei profughi e sullo ius culturae.

"Ombra punitiva sui migranti", il discorso di Zuppi

Dopo aver menzionato il tema della natalità, il presidente Cei ha detto: "L'accoglienza della vita nascente si accompagna alle porte chiuse a rifugiati e migranti. È la triste società della paura. Chiudere le porte a chi bussa è, alla fine, nella stessa logica di chi non fa spazio alla vita nella propria casa". Poi l'ulteriore osservazione sull'importanza degli stranieri. "Abbiamo bisogno di migranti per vivere: li chiedono l'impresa, la famiglia, la società". Nel suo discorso ai vescovi, Zuppi ha quindi aggiunto un'osservazione che ha fatto drizzare le orecchie ai cronisti. Sempre riferendosi ai migranti, ha infatti osservato: "Non seminiamo di ostacoli, con un'ombra punitiva, il loro percorso nel nostro Paese!".

L'auspicio sullo ius culturae

Parole che subito qualche commentatore ha interpretato come un pungolo al governo, che in realtà si è mosso seguendo una direttrice di buon senso adottata anche da altri Paesi: quella della legalità e del contrasto al traffico di esseri umani. Difficile dunque pensare che l'arcivescovo intendesse riferirsi a quell'aspetto. "C'è un livello di difficoltà burocratica che rende difficile il percorso d'inserimento, i ricongiungimenti familiari, il tempo lungo per ottenere i permessi di soggiorno, mentre si trascurano i riconoscimenti dei titoli di studio degli immigrati (che pure sono un valore per la nazione) o ancora si rimanda una decisione sullo ius culturae", ha argomentato Zuppi, tornando su temi rispetto ai quali la Cei si era espressa anche in passato. Talvolta pure con modalità meno felpate.

La posizione dei vescovi e la politica

Già negli anni scorsi, esponenti della conferenza episcopale italiana si erano difatti espressi a favore dello ius scholae e prima ancora - nel 2017 - tra i vescovi c'era pure una linea aperturista (per la cronaca, non condivisa da tutti) rispetto allo ius soli. Un provvedimento, quest'ultimo, sul quale il centrodestra si è detto fermamente contrario. Ora Zuppi ha sollecitato una decisione sullo ius culture (o ius scholae, che dir si voglia), altro principio sul quale la maggioranza ha una legittima posizione di estrema diffidenza. Già lo scorso anno, durante il voto in Aula sul tema, Lega e Fratelli d'Italia avevano votato contro il testo unico presentato da Pd e M5s. "Si tratta di uno ius soli mascherato", avevano lamentato i due partiti di centrodestra.

"Intanto la regolarizzazione del 2020 attende in parte di essere ancora espletata. Non è dare sicurezza, anzi esprime la nostra insicurezza", ha bacchettato Zuppi, di nuovo critico.

Poi l'arcivescovo ha fatto riferimento all'appello di Papa Francesco dopo il naufragio di Cutro - pronunciato nell'udienza coi rifugiati giunti in Europa con i corridoi umanitari - affinché tragedie simili non si ripetano più. Ma su questo, ovviamente, sono tutti d'accordo. A essere diverse, talvolta, sono le strategie per ottenere il necessario risultato.

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