
Nel primo pomeriggio di giovedì, una ragazza di 17 anni è riuscita a chiedere aiuto in modo silenzioso ma estremamente efficace, mentre si trovava in compagnia di un uomo appena conosciuto. Seduta su una panchina in un parco di Vimodrone, nell’hinterland milanese, la giovane ha compiuto un gesto apparentemente semplice: ha piegato il pollice sul palmo della mano e lo ha coperto con le altre quattro dita, formando un pugno. È il cosiddetto “signal for help”, un segnale internazionale utilizzato per indicare una situazione di pericolo, soprattutto in contesti di violenza domestica o sessuale.
L'aiuto silenzioso
La ragazza ha indirizzato il gesto verso una donna che stava passando lì vicino. Quest’ultima, comprendendo immediatamente il significato della richiesta, ha dato l’allarme, attivando la macchina dei soccorsi. Grazie alla sua prontezza, i carabinieri sono intervenuti rapidamente e, nel corso della stessa serata, hanno fermato un uomo di circa trent’anni, di origine nordafricana, incensurato, ora detenuto con l'accusa di violenza sessuale.
L’arresto è stato eseguito su disposizione della Procura di Monza, dopo che la minorenne ha sporto denuncia. L’indagato, attualmente in carcere in attesa dell’udienza di convalida, è sotto la responsabilità dell’autorità giudiziaria. Il suo fermo rappresenta l’atto finale di una vicenda che, grazie al coraggio della giovane e alla lucidità della passante, non ha avuto conseguenze ancora più gravi.
I fatti
In base agli elementi raccolti dagli investigatori, l’incontro tra la giovane e l’uomo sarebbe avvenuto lo stesso giorno, in maniera del tutto casuale. La ragazza sarebbe inciampata e caduta nei pressi di una fermata dell’autobus, tra Cologno e Vimodrone. A quel punto, il trentenne si sarebbe avvicinato, offrendole aiuto con modi gentili e disponibili, proponendosi anche di accompagnarla fino alla stazione ferroviaria, dove era diretta.
Durante il tragitto i due iniziano a chiacchierare, e l’uomo riesce a convincerla a fare una breve sosta in un parco pubblico. Le propone di sedersi insieme su una panchina, in una zona verde apparentemente tranquilla. In quel momento si trovano soli, immersi nel silenzio di un pomeriggio d’estate nella periferia milanese. È lì che, stando alla ricostruzione degli investigatori dell’Arma, avvengono gli abusi. La minorenne, impietrita dalla paura mentre l’uomo la tocca con insistenza nelle parti intime, riesce in un primo momento a farlo smettere. Ma non ha la forza di allontanarsi, temendo forse conseguenze anche peggiori in caso di tentativo di fuga.
L’uomo riprende con insistenza i suoi approcci, ma in quell’istante la ragazza nota una figura femminile avvicinarsi lungo il vialetto pedonale del parco. È una donna sconosciuta, che sta passando per caso. La diciassettenne coglie al volo l’opportunità e compie il gesto del signal for help, cercando di stabilire un contatto visivo con la passante per attirarne l’attenzione. La donna, residente nella zona, non ignora quel segnale: lo riconosce subito e interviene. Chiama suo padre, che accorre rapidamente sul posto e allerta i carabinieri. Nel frattempo, però, l’aggressore riesce a dileguarsi.
Le ricerche e il ritrovamento
Parte così una ricerca serrata da parte delle forze dell’ordine, che nelle ore successive si concentrano per rintracciare l’uomo, un nordafricano trentenne. Viene individuato in tarda serata all’interno di un alloggio condiviso con altri connazionali, situato in un complesso residenziale di Cologno Sud. L’uomo risulta privo di precedenti penali e, secondo quanto emerso, si troverebbe in Italia da qualche anno, svolgendo lavori saltuari nel settore edilizio.
Nei suoi confronti, il sostituto procuratore di Monza Carlo Bray ha disposto il fermo per il reato di violenza sessuale, eseguito dai carabinieri della compagnia di Sesto San Giovanni. L’egiziano, assistito dall’avvocata Silvia Dell’Oro, nominata d’ufficio, si sarebbe proclamato estraneo alla grave accusa, sostenendo che la ragazza fosse consenziente
Un gesto che può salvare la vita
Il gesto noto come signal for help è stato introdotto in Canada nel 2020, durante i mesi del lockdown, su proposta di un’associazione impegnata
nella promozione della parità di genere. È nato come strumento silenzioso per permettere alle vittime di violenza domestica, aumentata sensibilmente in quel periodo, di chiedere aiuto senza dover parlare.