"Fornirà nuovi strumenti didattici ma a insegnare sarà sempre il prof"

Il ministro Valditara: "Nella scuola fondamentali le relazioni umane. Lo stop ai telefonini non in contraddizione con l’uso delle tecnologie"

"Fornirà nuovi strumenti didattici ma a insegnare sarà sempre il prof"
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L'intelligenza artificiale salirà in cattedra per offrire nuovi strumenti didattici. Ma con un vincolo: a insegnare sarà sempre e comunque il professore. A scandire l'abc di un uso responsabile e umano della tecnologia in classe è stato il ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, intervenuto ieri a Milano all'evento La nuova rivoluzione industriale, organizzato da Il Giornale in collaborazione con il settimanale economico Moneta. Intervistato dal direttore del nostro quotidiano, Alessandro Sallusti, l'esponente del governo ha rimarcato i punti cardine della trasformazione digitale in corso nella scuola italiana.

«L'utilizzo corretto delle tecnologie è negli obiettivi di apprendimento. Abbiamo investito 2,1 miliardi per la digitalizzazione delle aule e 450 milioni nella formazione dei docenti, il cui ruolo è e resterà sempre centrale. Non sono d'accordo con chi sostiene che gli algoritmi sostituiranno il professore: non potrà mai accadere, perché la scuola è una grande comunità educante in cui le relazioni sono fondamentali», ha scandito il ministro, ricordando come gli interventi del governo abbiano accelerato la modernizzazione del nostro sistema d'istruzione. L'Italia, peraltro, dall'8 al 13 ottobre prossimi ospiterà a Napoli il primo grande summit internazionale sull'intelligenza artificiale applicata alla scuola.

Incalzato da Sallusti, Valditara ha quindi spiegato perché le nuove disposizioni sullo stop ai cellulari in classe non siano affatto in contraddizione con l'obiettivo di una scuola più tecnologica. «Gli studi dimostrano che l'abuso dello smartphone tra i giovani incide negativamente su memorizzazione, concentrazione, fantasia e sviluppa una dipendenza. Dunque non ha nulla a che vedere con l'apprendimento».

Il discorso è stato quindi esteso all'uso improprio dei social network: «Molte ricerche lo collegano alle nuove forme di bullismo, alle quali dobbiamo rispondere con un sistema di valori forti». Per troppo tempo ha infatti argomentato il ministro «abbiamo assistito a un relativismo imperante, a una svalutazione dei doveri, a una trasformazione dei desideri in diritti. I limiti sono stati considerati controproducenti, invece contano perché determinano il nostro rapporto con gli altri, quindi la cultura del rispetto. Certa pedagogia dovrebbe fare autocritica».

Dall'evento milanese de Il Giornale, Valditara ha quindi rilanciato la necessità di una «rivoluzione culturale», anche in riferimento a quelle famiglie che «hanno perso la bussola educativa». E qui l'esponente del governo ha ricordato le misure contro la dispersione scolastica già messe in pista per affrontare il problema: «Prima c'erano 16 euro di sanzione amministrativa, oggi un ammonimento alle famiglie inadempienti e il rischio di una denuncia». Un approccio che ha dato i suoi risultati: nella provincia di Napoli, su 5.300 abbandoni scolastici, 3.500 ragazzi sono tornati in classe.

Focus anche sulla formazione, perché «le mancate qualifiche dal mondo della scuola ci costano 35 miliardi di prodotto interno lordo all'anno». Valditara ha infine commentato il rischio che le recenti tensioni delle piazze pro Palestina possano infiammare le aule, magari fomentate da cattivi maestri.

«Invito tutti alla responsabilità e a evitare la prevaricazione, l'estremismo». Le scuole ha auspicato il ministro - «rimangano luoghi liberi di confronto democratico, spazi costituzionali in cui si insegna al rispetto della persona».

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