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Niente assegno di mantenimento se l'ex rifiuta il lavoro. La decisione della Cassazione

La sentenza dei giudici della Corte di Cassazione, che si esprimono sul caso di una coppia di Ancona. Gli ex coniugi hanno per legge il dovere di rendersi autosufficienti dopo il divorzio: in caso contrario vengono violati i doveri postconiugali

Niente assegno di mantenimento se l'ex rifiuta il lavoro. La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione si pronuncia di nuovo in ambito di divorzio: un ex coniuge che rifiuta, senza alcuna valida ragione, un posto di lavoro sicuro rischia di perdere l'assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione.

A dirlo sono i giudici della Cassazione con la sentenza del 23 gennaio 2023. Secondo gli Ermellini, non accettare una proposta lavorativa seria e stabile senza valido motivo è da considerarsi una effettiva violazione dei diritti postconiugali, che prevedono appunto il rispetto, da parte delle parti, dei principi di autoresponsabilità e autodeterminazione nei confronti dell'ex coniuge.

Il caso ad Ancona

La Corte di Cassazione si è espressa sul caso di una coppia di Ancona. In sede di separazione i due ex coniugi avevano pattuito un assegno divorzile pari a 48mila euro annui. L'uomo aveva poi fatto richiesta di sospensione dell'assegno, in quanto l'ex moglie non solo aveva da tempo un'altra relazione, ma aveva addirittura rifiutato una proposta di lavoro (retribuzione pari a 32mila euro annui). La donna, fra l'altro, non aveva neppure voluto stipulare una polizza assicurativa a suo nome necessaria per ricevere una pensione integrativa.

In appello, tuttavia, era stato stabilito che la nuova relazione non poteva essere dimostrata, e che l'offerta lavorativa era da considerarsi "strumentale" per ottenere una riduzione, se non la revoca, dell'assegno. In sostanza, non sussistevano ragioni valide per procedere con la riduzione o la revoca dell'assegno di mantenimento.

La sentenza della Cassazione

Gli Ermellini hanno invece ribaltato la sentenza, dando ragione all'uomo. Annullata, dunque, la sentenza di secondo grado.

Ulteriori indagini hanno dimostrato che la donna era effettivamente impegnata in una nuova relazione, anche se ciò non è stato ritenuto sufficiente a far scattare la revoca dell'assegno. Gli Ermellini hanno infatti sottolineato come anche una convivenza di fatto, come è stata appurata in questo caso, non possa far scattare la revoca automatica dell'assegno di mantenimento. "In tema di assegno divorzile in favore dell'ex coniuge economicamente più debole, questi, se privo anche nell'attualità di mezzi adeguati e se impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, conserva il diritto al riconoscimento dell'assegno, in funzione esclusivamente compensativa", dichiarano infatti i giudici nella sentenza, riportata da Il Messaggero. Deve però essere fornita "la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell'apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge".

La questione cambia quando si parla dell'offerta lavorativa rifiutata, così come la polizza assicurativa, ritenuti invece motivi fondati. Secondo i giudici della Cassazione tale offerta di lavoro deve essere valutata nella sua serietà e congruità. Se veramente il lavoro proposto era valido e serio, allora l'ex moglie ha effettivamente violato i doveri postconiugali.

Per legge, infatti, dopo il divorzio i due ex coniugi hanno il preciso dovere di rendersi economicamente autonomi.

Il caso, dunque, sarà riesaminato mediante un processo d'appello bis.

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