Moda e morale: tutte le battaglie etiche di Giorgio Armani

Dalla lotta contro l’anoressia all’addio alle pellicce, fino alla sostenibilità e alla moda inclusiva: Giorgio Armani ha riscritto le regole dell’industria con scelte coraggiose e una visione sobria ma rivoluzionaria

Moda e morale: tutte le battaglie etiche di Giorgio Armani

Giorgio Armani non è stato soltanto uno degli stilisti più influenti del Novecento e del nuovo millennio: è stato anche un pioniere dell’etica nella moda. In un sistema spesso dominato da apparenza, lusso sfrenato e pressione estetica, Armani ha sempre scelto una strada diversa. Quella della sobrietà, della responsabilità e di una visione del vestire come atto culturale e umano, prima ancora che estetico.

Dalla lotta contro i modelli di bellezza tossici, al rifiuto delle pellicce, fino all’impegno per la sostenibilità e l’accessibilità del design, la carriera di Armani è stata costellata da scelte controcorrente, spesso precoci rispetto ai tempi e coraggiose per un’industria che tende a privilegiare il profitto sull’etica.

Contro i modelli estetici malsani: il caso del BMI minimo

Una delle battaglie più note di Giorgio Armani riguarda la salute delle indossatrici. Nel 2006, dopo la tragica morte della modella uruguaiana Luisel Ramos, stroncata dall’anoressia a soli 22 anni durante una sfilata a Montevideo, Armani fu tra i primi grandi stilisti a prendere una posizione chiara: niente più modelle con un BMI (indice di massa corporea) inferiore a 18. “Non ho mai voluto ragazze troppo magre in passerella. La moda deve trasmettere bellezza, non fragilità o sofferenza,” dichiarò in più occasioni.

La sua scelta anticipò di qualche anno le normative adottate da alcuni Paesi europei (come la Francia), che hanno poi introdotto leggi per regolamentare l’impiego di modelle troppo magre. Mentre il dibattito pubblico sull’anoressia e l’immagine corporea cresceva, Armani aveva già preso posizione: la moda ha una responsabilità sociale, soprattutto nei confronti delle ragazze più giovani.

L’addio alle pellicce

Nel 2016, Giorgio Armani annunciò ufficialmente che tutti i suoi brand, dalla linea haute couture Privé a Emporio Armani, avrebbero rinunciato all’uso di pellicce animali. Lo fece in collaborazione con la Fur Free Alliance, una coalizione internazionale di organizzazioni per la protezione degli animali. Il comunicato dell’epoca fu chiaro: “Sono lieto di annunciare che il gruppo Armani ha fatto una scelta definitiva per abolire l’uso delle pellicce animali nei suoi prodotti. Il progresso tecnologico ci permette di avere valide alternative che rendono non più necessarie crudeltà inaccettabili.

La decisione fu considerata epocale, soprattutto perché proveniva da un’icona della moda italiana, non da un brand alternativo o di nicchia. Armani divenne così una voce autorevole a favore della moda cruelty-free, anticipando un trend che negli anni successivi avrebbe coinvolto altri marchi come Gucci, Versace, Prada e Valentino.

Sostenibilità: un concetto di lusso responsabile

La sostenibilità è oggi una delle parole chiave dell’industria fashion, ma Giorgio Armani ne parlava già prima che diventasse una moda. Il suo concetto di sostenibilità era legato a un'idea profonda di lusso durevole, misurato, anti-usa e getta. In numerose interviste, lo stilista ha criticato l’eccessiva velocità del sistema moda, la continua richiesta di novità, il meccanismo delle collezioni che si susseguono a ritmi insostenibili. Durante la pandemia, in una lettera pubblicata su WWD, scrisse: “Il lusso non può e non deve essere veloce. È il tempo che serve per fare le cose bene, con cura e rispetto.

In quel testo, Giorgio Armani invocava un ritorno alla moda lenta, etica, centrata sulla qualità e non sulla quantità. Un appello che molti addetti ai lavori considerarono profetico. La sostenibilità, per Armani, non era una strategia di marketing: era un valore culturale. Lo dimostrano anche le sue scelte produttive: molte delle sue linee sono realizzate interamente in Italia, nel rispetto della filiera, del lavoro e dei materiali.

L’eleganza per tutti: l’accessibilità del design

Un’altra delle battaglie meno raccontate di Armani riguarda l’accessibilità del design. Con la nascita di Emporio Armani e Armani Exchange, il designer milanese ha portato l’estetica e i valori del brand anche a un pubblico più giovane e con un potere d’acquisto minore. Non solo: con Armani Casa, Armani Beauty, Armani Hotels, ha costruito un intero ecosistema lifestyle che punta a integrare lusso e funzionalità, offrendo un’idea di bellezza sobria, elegante, ma mai elitaria.

La sua visione era chiara: lo stile non deve dividere, ma unire, offrendo punti di accesso diversi ma coerenti a una stessa filosofia estetica e morale.

Moda inclusiva: la bellezza nella diversità

Negli ultimi anni, Armani ha dato sempre più spazio alla diversità in passerella, promuovendo modelli e modelle di ogni etnia, età, e taglia.

Le sue campagne sono sempre state improntate a una sobria eleganza inclusiva, senza mai indulgere nella spettacolarizzazione del “politicamente corretto”. Ha dimostrato che si può essere inclusivi senza dover rinunciare all’identità estetica di un marchio. E che la vera eleganza è anche saper riconoscere la bellezza in tutte le sue forme.

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